INTER, ANTONIO CASSANO UNA VITA DI ECCESSI / MILANO – E’ difficile amarlo totalmente, così come odiarlo. Antonio Cassano è tutto il contrario di tutto. Divide l’animo e lo spirito dei tifosi. Trasversale come pochi, lui può saltare da una sponda del Naviglio all’altra senza scatenare grosse e accese polemiche. Un po’ come accadde con Roberto Baggio, campione meno folle ma ugualmente molto ingombrante. Cassano è così, prendere o lasciare. Ha diviso e spaccato spogliatoi, ha infranto le regole del campo e quelle della vita di ogni giorno. Una vita vissuta di eccessi, senza paure. Con l’incoscienza di un bambino nato povero nella Bari ‘vecchia’ che fu, sportivamente parlando, di Eugenio Fascetti, tecnico che lo ha cresciuto, svezzato. Con lui ha usato il bastone e la carota. Anche se non sono serviti quasi a nulla. Tantomeno a placare l’animo furibondo e zingaresco di FantAntonio. Che nel suo esordio in serie A fece impazzire uno stadio intero, quel ‘San Nicola’ inchinatosi, quasi quanto il ‘San Paolo’ a Maradona, ai piedi e al genio col fisico tozzo ma estremamente duro.
Indimenticabile il suo primo gol, uno stop di tacco da brividi, la palla che gli passa sopra la testa, una finta e via. Blanc e Panucci lasciati di stucco, e il pallone che si insacca nella porta difesa da Peruzzi. Era la stagione 1999: Bari-Inter 2-1, all’ottantottesimo minuto l’incredibile sigillo che regalò i tre punti alla squadra pugliese. Dall’esordio alla Roma, tappa fondamentale e storica della sua carriera: famosi e meravigliosi i suoi gol con la maglia giallorossa, la sua intesa fraterna con Totti. Quanto le sue uscite di testa, definite poi cassanate. Folle, matto, ingestibile. Quante ne sono state dette su di lui. Niente di campato per aria. Ma Cassano è fatto così. Era stravagante, lo è tutt’ora. Da Roma a Madrid, il massimo per un giocatore. Forse non per lui. Che perse l’occasione della vita.
Tra prese in giro al nemico-amico Capello alla forma fisica mai trovata. E a una pancia che cresceva. Sempre di più. Via dalla Spagna, lontano dei riflettori. Giusto un po’, però. Perché uno come lui non può non stare al centro dell’attenzione. Dei tifosi e dei media. L’incontro è con Garrone, è amore con la Sampdoria. Un idillio vissuto comunque da momenti sensazionali, come la qualificazione alla Champions League. Fino all’ultimo atto. Che racchiude l’essere Cassano: lite furibonda con il patron doriano, con conseguente rottura dei rapporti. Umani e professionali. Ma con il tempo tutto si aggiusta.
Il passaggio al Milan viene vissuto quasi come l’epopea conclusiva della sua carriera. Uno scudetto vinto non da protagonista, la seconda stagione passata tra la paura e la felicità di aver ritrovato la gioia del campo. Il profumo dell’erba. La voglia di vivere. Il problema, grave, al cuore, risolto poi con il suo solito sorriso. Con la sua immane spavalderia. Come se non fosse accaduto nulla. Poi l’Europeo. La vittoria accarezzata e l’amarezza. Di nuovo Milan, ma con un umore diverso. Milanello non era più la sua casa, il suo habitat. Qualcosa si era rotto, anche economicamente parlando. Nulla più era come prima. Troppi, i campioni andati via. Ecco l’Inter. La squadra sempre sognata. Oggi realtà. Sarà felice Cassano. Felice come un bambino. Pronto per una nuova avventura. Piena di eccessi, come sempre.
Raffaele Amato