INTER, L’ILLUSIONISTA E IL TRASFORMISTA / MILANO – L’illusionismo è un’arte solitamente eseguita come forma di spettacolo dove l’artista, comunemente detto illusionista, crea effetti apparentemente magici usando trucchi che possono essere fisici, psicologici oppure il più delle volte il trucco sta nell’abilità di mani del prestigiatore. Il compito dell’illusionista è quello di creare l’illusione di un accadimento magico nella mente dello spettatore. Questo preambolo serve a sottolineare l’ulteriore abilità, da ieri non più nascosta, del tecnico dell’Inter Andrea Stramaccioni. Che per confondere la stampa e, soprattutto il diretto avversario, nella conferenza stampa di sabato annunciò a chiare lettere la ferma volontà di non abbandonare mai e poi mai il tridente: “Non rinuncio ai tre giocatori d’attacco”, queste le sue precise parole (rileggi qui). Naturalmente, da grande illusionista qual è, contro il Bologna Strama ha desistito, forse per una sola giornata, le velleità offensive privandosi a di un attaccante – nel caso, Cassano – schierando un centrocampista in più, Mudingayi. Questa, per dar valore al discorso contorto fatto poc’anzi, è stata la mossa (non l’unica ma la più importante, ndr) che ha permesso alla squadra nerazzurra di sconfiggere e straordinariamente convincere al ‘Dall’Ara’. Piazzato fra il centrocampo e l’attacco dei rossoblu, il mediano belga è stato autore di prova sublime, impedendo il più delle volte a Diamanti (l’uomo più pericoloso della squadra di Pioli, ndr) di mettere in mostra le sue migliori qualità: il dribbling, l’assist e l’inserimento in mezzo alle linee. Sono bastate quattro-cinque folate all’Inter per chiudere a proprio vantaggio la partita. Pressing alto, visto raramente fino a ieri, grande dinamismo a centrocampo – su tutti l’interprete più efficiente è stato Gargano – pregevole andirivieni degli esterni Nagatomo e Zanetti. Quella di Bologna è stata la trasferta più suadente della compagine interista, nella quale ha espresso un gioco pratico, essenziale, conforme alle caratteristiche dei calciatori. Stramaccioni, bisogna dargli atto, sta utilizzando nel migliore dei modi le armi a disposizione, ma ha prima di tutto ricostruito dalle ceneri dei vecchi trionfi un gruppo fiero, battagliero, mai domo. Una vittoria spartiacque, forse quella che dà il là alla definitiva svolta. Quest’Inter può andare a vincere a Torino, può soprattutto battere chiunque. Solo, però, continuando a volare basso, non montandosi la testa.
Il trasformismo, invece, è la capacità di mutare repentinamente le proprie sembianze al fine di caratterizzare in pochi istanti più personaggi inseriti nel medesimo contesto scenico. Chi è, a questo punto, il trasformista nell’Inter? Semplice, Esteban Cambiasso. Ve le ricordate le lacrime (nella scorsa stagione, ndr) dell’argentino dopo esser stato sostituito nel bel mezzo della gara col Catania? Una scena che non è passata di certo inosservata, ha fatto il giro dei tabloid europei. Beh, in pochi mesi Cambiasso si è ripreso in mano l’Inter. Fino a qualche tempo fa, da molti veniva considerato un inetto, un calciatore non più adeguato al nuovo progetto nerazzurro. Di cui ora è il leader assoluto, assieme ovviamente a Stramaccioni. Cambiasso è l’allenatore in campo, a Bologna ha impersonato più ruoli: inizialmente ha agito al fianco di Gargano, nel corso della gara si è spostato più avanti, agendo e muovendosi alle spalle di Milito e Palacio. Giocando, per dirla breve, da trequartista, ruolo ben recitato da giovanissimo, nel periodo in cui indossò le gloriosa maglie dell’Independiente e del River Plate. Suo l’assist, seppur su punizione per la testa di Ranocchia, suo il gol del momentaneo 2 a 0. Dopo la sconfitta in casa contro la Roma, il Cuchu ha giocato sempre, in tutti i ruoli possibili. Stramaccioni l’illusionista, Cambiasso il trasformista. Settimo successo consecutivo, ottavo su otto in trasferta. Sogna Inter, sogna.
Raffaele Amato
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