Inter, la crisi parte da lontano

Andrea Stramaccioni e Massimo Moratti (Inter.it)

INTER RESPONSABILITA’ CRISI / MILANO – “Grazie Lazio”, sussurrano – mica tanto – alla Pinetina. La squadra di Petkovic, zero punti nelle ultime due partite, ridimensiona la crisi dell’Inter almeno sotto l’aspetto numerico e dal punto di vista della classifica. Dal lato sportivo, è sprofondo rosso della squadra nerazzurra, 7 punti in 6 gare, uno solo – conquistato in casa contro il Torino – nelle ultime due partite, contro, tra l’altro, squadre mediocri, ma purtroppo per gli interisti, ben organizzate tatticamente e con un gioco chiaro e concreto. Dopo la prova magnifica contro la Juventus (1-3), datata 3 novembre 2012, la sfilacciata e sfiduciata squadra nerazzurra ha ottenuto solamente 3 successi in casa – contro Palermo, Napoli e Pescara – 4 pareggi; Cagliari, Genoa, Roma e Torino. E 5 sconfitte: Atalanta, Parma, Lazio, Udinese e Siena. La vittoria sui bianconeri di Conte consentì all’Inter di toccare il cielo con un dito, al termine dei novanta minuti gloriosi, l’apice di questa stagione, Stramaccioni e i suoi ragazzi-vecchietti erano distanti una lunghezza dal primo posto. Ebbene, nelle dodici partite successive, la ‘Benemata’ ha perso la media di un punto a partita nei confronti della capofila Juventus, ora distante 12 punti dalla barca traballante di Zanetti e compagnia navigante (40-52).

Il terzo posto, obiettivo minimo a inizio stagione, ora massimo, quasi impossibile visto l’andazzo, dista ancora 3 punti: il dato più mortificante viene dal recupero, incredibile per certi versi del Milan. All’undicesima giornata, sempre dopo il capolavoro di Torino, i rossoneri erano lontani dai cugini ben 13 punti, mentre ora, grazie anche al ‘colpo’ Balotelli, lui sì, acquisto vero, Allegri e i suoi hanno raggiunto l’Inter a 40 lunghezze. La crisi, come spiegato, sta nei numeri; ma non solo. Sono tre le componenti che han portato l’Inter in ‘rovina’ sportiva. Perché i problemi, anche quelli più piccoli, nascono da lontano, e il tecnico, forse, è quello che ha minori responsabilità.

IL PRESIDENTISSIMO – Lui, Massimo Moratti. Il post-triplete è stato gestito malissimo dal presidente, dopo la magica notte di Madrid non ha saputo porre le basi per un futuro diverso, meno oneroso per via della crisi economica, ma non per questo, e per forza, meno vittorioso. In sole due stagioni ha cambiato 4 allenatori, sfiduciando prima Benitez – gli ‘insulti’ gratuiti di Materazzi che ancora spadroneggiano un po’ qua e un po’ là sono la dimostrazione lampante della poca professionalità dei calciatori, non di tutti, nel periodo successivo ai tanti trofei – poi Gasperini e Ranieri, tecnici il cui destino (l’esonero) era scritto nei libri di storia calcistica ancor prima di approdare in nerazzurro. Tralasciando Leonardo, che fece la ‘fuitina’ al termine della stagione 2010-2011. Moratti negli ultimi due anni e mezzo ha pensato solo a cedere, senza programmare a lungo termine (come una società importante dovrebbe), indebolendo, anzi distruggendo quanto di buono aveva creato nelle stagioni passate, grazie soprattutto alle capacità manageriali e tecniche di Mancini e Mourinho. Quest’ultimo nel periodo interista seppe far tutto: allenatore, dirigente, portavoce, forse anche il presidente.

AMARO BRANCA – Inopportune, per usare un eufemismo da Premio Nobel, le scelte di mercato del d.t. nerazzurro. Il suo rapporto con Moratti sembra ancora solido (chissà come mai), a dispetto dei tanti errori commessi in sede di campagna acquisti-cessioni negli anni della sua gestione. Dal ‘caso’ Forlan, giusto per non andare troppo lontano, acquistato senza sapere che non avrebbe potuto giocare in Champions League, all’arrivo di Zarate – non c’è spazio per elencarli tutti – il cui prestito (più ingaggio al lordo) è costato la bellezza di circa 10 milioni di euro. Per finire al mercato attuale, dall’acquisto di Pereira – strapagato visto il rendimento dell’uruguagio (14 milioni compreso bonus) – a Schelotto, un ‘normal player’, per il quale è stato sacrificato Livaja; il croato, pur essendo più giovane dell’esterno (19 anni rispetto ai 23), ha già maggiore esperienza a livello internazionale. La sua cessione ha inoltre creato un buco nel reparto avanzato, non colmato entro il 31 gennaio. O forse, Branca pensa che il 35enne Rocchi possa essere in grado di sostituire al meglio l’infortunato Milito

‘VECCHI(A) GRATITUDINE – Stramaccioni sta pagando i suoi errori, frutti non solo di inesperienza. Il tecnico, almeno finora, è stato troppo accondiscendente, per gratitudine, verso la società; restando muto sui troppi abbagli, sulle scelte sbagliate di Moratti e del suo valletto d’armi Branca. Il che lo ha costretto a cambiare e ricambiare i suoi progetti tattici e tecnici. Ha dato, infine, troppa fiducia – ancora! – alla vecchia guardia, allo storico gruppo del triplete. Che lo ha sorretto fin quando ha potuto, ovvero fino a che i guai fisici, non una novità, non hanno bersagliato i vari Samuel, Cambiasso e Milito. I protagonisti, veri, dell’Inter schiacciasassi da fine settembre a inizio novembre. Stramaccioni non è riuscito a dare un gioco, un’identita precisa. Ha venduto a stampa e tifosi la ‘bufala’ del vice-Milito e del ‘regista‘ mancante, come se per giocare un buon calcio fossero indispensabili entrambi. Detto questo, il giovane tecnico deve, possibilmente, essere lui il futuro del club nerazzurro, ma con altre idee e con calciatori – loro più responsabili di chi sta in panchina – consoni a un progetto (che ora non c’è) di crescita e di rilancio ai massimi livelli, almeno in Italia.

 

Raffaele Amato
twitter   @ilfolber

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