Inter, tre luci in fondo al tunnel

I calciatori dell'Inter (Getty Images)

INTER-CHIEVO 3-1, TRE LUCI IN FONDO AL TUNNEL / MILANO – Una fiammata, la serata perfetta o l’inizio della desiderata rinascita? Non vi sono certezze, né sospetti. La risposta a tal domanda l’avremo, forse, alla fine di questo mese, al termine del ciclo da inferno dantesco: Firenze, Europa League, derby e la difficile trasferta di Catania. Un giro di boa complicato, pieno di insidie, da cui l’Inter dovrà uscire, per sperare nel posto Champions, con le ossa intatte, segnate ma non distrutte dalle armi nemiche. Battere il Chievo è servito anzitutto a gettare un calderone d’acqua gelata sul fuoco ardente e primitivo accesosi dopo le ultime naufragate della nave nerazzurra, dedita negli ultimi mesi più alle crociera di lusso, alla calma e al relax che al lavoro duro, al sacrificio necessario per tenere viva e a galla la navigata nei confini nazionali. Tre punti d’oro, perfetti per scacciare i fantasmi di una stagione simile a quella passata (in apparenza), e con la speranza, forte e ancora intatta, di poter assistere, un augurio per i tifosi interisti, a un finale diverso, degno del blasone.

IL CENTRAVANTI – Colui che incide più degli altri, che decide le sorti di una partita e di una stagione. Quello che segna gol banali e scontati, ma soprattutto quello che realizza quel che altri mai si sognerebbero di fare. Goleador puro, insostituibile. Quando ce l’hai è impossibile lasciarlo fuori a guardare, sei obbligato a buttarlo nella mischia, lì in area di rigore come uno scorpione, pronto a pungere l’avversario, a infilare il maledetto portiere. E’ ritornato lasciando il segno, ma era tutto previsto. Era previsto che Milito ritornasse al gol quanto prima, meglio subito. Perché l’Inter aveva bisogno dei suoi gol, ieri il nono in campionato. Ma anche solo della sua presenza fisica, del suo predominio in area di rigore, della sua astuzia su quei palloni ingestibili, incontrollabili, che solo lui è capace di trasformare in azioni d’attacco, in sponde per i suoi compagni, costringendo spesso i difensori a commetter falli. Prezioso, il ‘Principe’. Non c’è vice che tenga, è solo, è unico. Tenerselo stretto finché si può, proteggerlo e gestirlo. Stramaccioni con lui non deve sbagliare, deve metterlo in condizione di fare il suo lavoro, di fare il centravanti.

GLI ARGENTINI E… – Un male. Un bene quando sono in forma. Lo sono ancora, perché professionisti esemplari, determinanti, speciali seppur l’età non sia più dalla loro parte. Gli argentini Cambiasso e Zanetti. Il primo è il ‘panforte’ del centrocampo, quando i muscoli han voglia di correre e di danzare di qua e di là, il ‘Cuchu’ diventa fondamentale per l’equilibrio tattico dell’undici di Stramaccioni. Sa proteggere la difesa, più di Kuzmanovic e di chiunque altro, anche da una posizione diversa dalla solita: oltre a recuperar palloni è in grado anche di far ripartire l’azione e di inserirsi negli ultimi venti metri come il Lampard o il Gerrard dei tempi migliori; o come proprio il Cambiasso dei tempi gloriosi. Nasce trequartista, nasce soprattutto ‘giocatore’, in giro come lui ce ne son pochi. Dopo Guarin è il centrocampista con più gol all’attivo, 3 reti (più una in Europa League) tutte decisive: a Bologna ha firmato la rete sicurezza del 3 a 1 finale, nell’ultima del 2012 quella del pareggio sul Genoa, e infine il gol del rocambolesco 2-2 in casa contro il Torino. Milito, Cambiasso (aspettando Samuel) e l’altro, il capitano. Cursore dinamico e prorompente, una ‘sveglia’ sempre accesa sulla fascia, una spina nel fianco, pensate, a quasi 40 anni. Se Schelotto non inizierà a sputar sangue saà durissima scalzarlo dal ruolo di laterale destro nella difesa a quattro. E poi c’è il resto, anzi il piccoletto: Gargano, ieri una motocross, ovunque e comunque. Così instancabile l’abbiam visto a Bologna, l’ottobre scorso. Quando la ruota gira lui si gasa, va a mille.

TERZO POSTO – Vincere aiuta, lo sappiamo. Ora la Lazio è a solo un punto, a meno 2 se si considera lo scontro diretto a favore dei biancocelesti. Ma il bello e il difficile arriva ora: l’Inter dovrà trovare continuità di rendimento e di risultati, lo scoglio superato ieri sera – il primo tempo è stato uno spettacolo un po’ indecente, la seconda frazione decisamente meglio – è solo il primo, tra l’altro il più agevole. Segnali positivi si sono visti, come il carattere, la ritrovata brillantezza dei ‘più bravi’ e il primo nascere di una nuova armonia interna morta e sepolta già sul finire dello scorso anno. Quel che manca (e che serve) è ancora e sempre l’equilibrio fra i reparti, il più delle volte scollegati e mal funzionanti. Specialmente nei primi 45 minuti di ieri sera. C’è poco tempo, comunque, per progredire sotto l’aspetto del gioco. Adesso a Stramaccioni serve far punti, e basta. E buonanotte ai suonatori.

 

Raffaele Amato

 

 

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