INTER 18ESIMO ANNIVERSARIO MORATTI / MILANO – Era il 18 febbraio del 1995 quando Massimo Moratti rilevava ufficialmente l’Fc Internazionale da Ernesto Pellegrini, diventando a tutti gli effetti il presidente, coronando così il sogno di proseguire quanto fatto papà Angelo. Diciotto lunghissimi anni costellati di vittorie e sofferenze, di momenti di gioia e delusione, che hanno sempre contraddistinto lo stile del numero uno nerazzurro. Se si aspettava di festeggiare il 18esimo compleanno da presidente dell’Inter, con una vittoria della sua formazione in casa della Fiorentina, Massimo Moratti sarà rimasto senza dubbio sconsolato ed amareggiato. Proprio alla vigilia del suo anniversario, il numero uno del club di corso Vittorio Emanuele avrebbe, di sicuro, fatto a meno della figuraccia fatta al ‘Franchi’.
Diciotto anni di Presidenza
(Inter.it)
“Diciotto anni di Presidenza, ma l’eco sul fatto di essere maggiorenni è talmente surclassata dalle vittorie ottenute, che sembra obsoleto. In diciotto anni di presidenza Massimo Moratti ha vinto tutto, col coraggio intelligente di chi conosce il mondo. In ogni sua sfaccettatura. Niente trucchi, niente mediazioni, solo competenza e senso del calcio, inteso a volte come disciplina di vita. Inter Campus insegna. Anche andando controcorrente, un nuovo protagonista che il 19 febbraio 1995, il giorno dopo, quello di un’eco mediatica che aveva meno rete, meno televisioni, veniva salutato come l’eroe che sognavano gli interisti, qualcun altro lo sognava un po’ meno.
Fu subito vittoria, faceva freddo a San Siro. Era l’inizio di un’avventura che se la sogni pulita, competente, se la sogni nel nome di tuo padre Angelo, che di quella passione ha fatto davvero una leggenda, sai anche che qualcosa ci perderai. Assaggerai l’impegno, la delusione, la fatica, la costante attenzione sul confine che divide la prospettiva del futuro dalla constatazione del presente.
Sono state tantissime le avventure intraprese e son state nella maggior parte vincenti. E quelle che non son state vincenti avevano anche un perché.
A volte nessuno ci credeva all’inizio. Paul Ince era quasi una sfida, il nero capitano della Nazionale inglese. Roy Hodgson era solo il ct della Svizzera, aveva Ganz e Branca come attaccanti, finì a un passo dalla prima Coppa Uefa. Adesso è il ct dell’Inghilterra. Giacinto Facchetti ci credeva, un amico, un alleato perso troppo presto con molto dolore.
Roberto Mancini era una promessa, come poteva essere stato Ronaldo. Ci sono state certezze, Mourinho o Ibra. Eto’o era più una scommessa. Altri degli sconosciuti, almeno per i più. Maicon o Julio Cesar. Milano, Siena, Madrid, Abu Dhabi. Viareggio, Londra. Scenari diversi per squadre diverse. San Siro per stare insieme a festeggiare.
Come filo conduttore, c’è stato un Presidente, Massimo Moratti, non solo nel nome del padre, ma nel nome di quel padre che è stato un nonno, l’Inter è qualcosa di famiglia, intesa nel modo più semplice e generoso ed enorme del termine. Talmente generoso che ingloba decine di milioni di tifosi nel mondo. Diciotto anni sono tanti, sono più o meno 6570 giorni in cui pensi all’Inter in prima persona. Rinnovi l’entusiasmo, hai imparato molto, hai vinto tanto. Massimo Moratti rimane sempre lo stesso. Nei giorni difficili e in quelli facili. In questi diciotto anni, molto lunghi, non sempre facili, è possibile e probabile che le sfide difficili abbiano perfino insegnato di più a essere se stessi”.
L.P.