INTER, VITTORIA CATANIA SEMI-RINASCITA SPERANZE / MILANO – Milan e Catania hanno commesso lo stesso sbaglio, il più grave. Dare per morta l’Inter, troppo in fretta e prima del tempo. Che non è più grande, questo è certo, ma che ancora detiene, sparse qua e là, pizzichi di anima, forza e coraggio. Qualità primarie, appartenenti soprattutto alla ‘vecchia’ guardia, fondamentali e che tengono a galla, con spirito di sopravvivenza, la squadra di Stramaccioni. A cui va dato atto, di esser uno dei pochi allenatori del campionato, forse l’unico, ad avere a che fare con una terribile serie infinita di infortuni, con giocatori acciaccati o fuori condizione. Contro il Catania (sconfitto in rimonta 3-2) ha scelto saggiamente Rocchi dal primo minuto, decisione presa per concedere al bomber poco allupato di riprendere confidenza col campo, e di mettere minuti sulle gambe in vista del rush finale, tra campionato ed Europa League.
PAZZA INTER – Il primo tempo del ‘Massimino’ è stato un disastro, per almeno mezz’ora si è vista una squadra in completo disarmo, oltre che confusa. In venti minuti l’Inter ha rischiato di buttare a mare le residue speranze per il terzo posto e, ben più importante, di finire con testa al seguito nel largo calderone delle polemiche accesesi in questi ultimi mesi – di pari passo ai negativi risultati – fomentate ulteriormente dopo la ‘spiata’ sulla lite Cassano-Stramaccioni di venerdì. Bergessio e Marchese, grazie a orrori individuali (sul primo gol di Juan Jesus), han rischiato di mandare all’inferno la truppa nerazzurra, che vivacchia, ancora, ma non muore mai. Dopo i primi venti minuti a spron battuto, la compagine di Maran ha tirato il freno a mano, incominciando la serie, da ridere, dei passaggi sbagliati e dei palloni gettati al vento.
L’involuzione, anche mentale, dei siciliani ha favorito la risalita dell’Inter, avvantaggiata nella ripresa dai cambi del suo allenatore: Stankovic (al posto di Kuzmanovic) ha ridato personalità ed equilibrio al centrocampo, sterile e timido nei primi 45 minuti. E poi Palacio. L’argentino è stato implacabile, furbo come una volpe, opportunista come l’Inzaghi dei tempi migliori. Ha capitalizzato al massimo gli assist di Pereira e Cambiasso, e servito alla ‘Cassano’ la palla del 2-1 a Ricardo Alvarez: insufficiente la prestazione del funambolico fantasista, i suoi ritmi cadenzati (e accidiosi) son ancor più adatti a una sfida in famiglia che a una partita di serie A.
SPERANZE E RIFLESSIONI – Non si tratta di rimonta epocale, però il sasso, quello giusto, è stato lanciato. Dopo quattro mesi all’Inter serviva una vittoria così, e in trasferta, seppur acciuffata allo scadere. Il distacco dalla zona Champions è irrisorio (1 punto), anche se la compattezza e l’entusiasmo in possesso ora del Milan, rendono tutto più difficile. Stramaccioni dovrà gestire le forze, e provare a fossilizzarsi di più su un modulo e su un undici chiaro, il migliore possibile. Evitando di compiere ulteriori, e dannosi stravolgimenti. La squadra ha bisogno di una sua fisionomia, i giocatori di più certezze, che nascono, di solito, dalle decisioni e convinzioni dell’allenatore. I tre punti sono e saranno l’unica cosa più importante da qui a fine stagione, inutile (i tifosi se ne facciano una ragione) sperare in altro: in un gioco quantomeno più ‘armonioso’.
E se necessario per il gruppo, Cassano dovrebbe (e potrebbe) anche esser lasciato fuori, in un certo senso emarginato. Non c’è più tempo per capire o aspettare, adesso conta solo il bene dell’Inter: e la sua ‘sopravvivenza‘ fra le grandi del calcio italiano. La società ha il compito più difficile, semplicemente perché nel passato recente ha agito sempre di impulso e fuori tempo, ovvero quello di difendere e proteggere, anche oltre il dovuto, il proprio allenatore. (Semi) rinascita e speranze di una pazza e mai doma Inter.
Raffaele Amato