INTER, RANOCCHIA NESTA MATERAZZI RANIERI / MILANO – Nel corso di una lunga intervista a ‘Sport Week’, Andrea Ranocchia si è raccontato dentro e fuori dal campo. “Come diceva Einstein, l’errore è una benedizione: sono cresciuto più la scorsa stagione che in sette anni di carriera. Con i tifosi ho avuto sempre un ottimo rapporto in tutte le piazze in cui ho giocato: anche lo scorso anno, che è stato il più difficile per me, ricevevo parole di sostegno e incitamento – ha detto il difensore dell’Inter – Cosa mi dà fastidio? Quando i giudizi passano dal piano tecnico a quello personale, a volte sembra che uno sbaglio faccia dimenticare tutto quello di buono che si è fatto. Prima di arrivare all’Inter ho avuto la fortuna di passare per gradi attraverso Arezzo, Bari e Genoa: quando sono arrivato in alto ero già maturato. E’ stato bello non accorgersi di niente”.
Ranocchia racconta poi il suo esordio in Serie A: “Ero nel Bari e dovevamo affrontare il Milan: avrei giocato contro il mio mito Alessandro Nesta. Passai tutto il riscaldamento a studiarlo, guardandolo con gli occhi di un bambino: ero più preoccupato di chiedergli la maglia che di giocare la partita… Materazzi? Quando Marco era il capitano del Perugia io facevo il raccattapalle e lui mi ha sempre aiutato: portare il suo numero 23 è un privilegio”. Nell’era post Mourinho, l’Inter non ha vinto quanto ci si aspettava: “Ho avuto l’opportunità di allenarmi e giocare con la maggior parte di quei campioni e credo che quel lascito di successi debba servirci per risollevarci in fretta – prosegue il difensore umbro – La mia esperienza in nerazzurro è altalenante, posso e voglio fare di più. Resto ottimista: la mia sfida è di vincere all’Inter. Non sono scaramantico, ma il 2012 sembrava non finire più tra gli infortuni, le incomprensioni con Ranieri e il coinvolgimento nella spiacevole faccenda del calcioscommesse… L’ultimo film visto al cinema è Skyfall: sono un patito di 007, una passione che mi ha trasmesso mio padre Marco. Quando mi chiama sul cellulare compare il nome Bond, è così che lo chiamo”.
M.R.