INTER JONATHAN ALVAREZ SCHELOTTO / MILANO – Tre giocatori emblema dell’Inter attuale: Alvarez, Jonathan e Schelotto. Tre risorse di una squadra ormai senza obiettivi, che gioca un calcio mediocre, nel cui undici non si possono nutrire speranze e ambizioni per il futuro. L’argentino, 25 anni compiuti lo scorso 12 aprile, è alla seconda stagione a Milano. Non ha mai incantato la difficile platea del ‘Meazza’, seppur i descrittori delle sue qualità lo abbiano sempre incensato oltre il dovuto. A gennaio Branca lo avrebbe ceduto se solo fosse arrivata una offerta più che dignitosa, tenendo conto che per il suo cartellino furono investiti 12,5 milioni di euro, più commissioni ad agente e intermediari il cui costo non sapremo mai. Stramaccioni, vista la grande emergenza, lo sta schierando assiduamente dal primo minuto, e lui, al di là di qualche pregevole sprazzo, non lo ha mai soddisfatto appieno, anche se il tecnico interista a fine partita ne ha spesso tessuto le lodi; d’altronde, cos’altro potrebbe e dovrebbe dire. Al trequartista mancano continuità e personalità persino nell’arco di una partita, nella quale spesso si isola, e si specchia, a conferma di una eccessiva spocchiosità, la quale ha finora fatto da tappo alla sue potenzialità, mai esplose e che mai saliranno alla ribalta se continuerà imperterrito nella scarsa inclinazione al sacrificio e al sudore.
Il laterale brasiliano, invece, positivo ieri e contro la Roma in Coppa Italia, non è mai stato un ‘brocco‘, come qualcuno lo ha erroneamente definito in passato. Semplicemente, è un buon giocatore per una squadra da quinto-sesto posto in giù, come lo è l’Inter attuale. Per lui è facile parlare adesso, o scagliarsi contro quei tifosi che lo hanno spesso e volentieri fischiato (e insultato: mal costume italiano), in un contesto di pura rassegnazione, dove non ci sono più obiettivi da raggiungere: “Sapevo quando sono venuto di avere qualità e sapevo di poter giocare qui. So di avere qualità, lo sanno il tecnico e la società. Ho passato momenti difficili, ma sono contento delle mie ultime prestazioni. Ora ho la testa giusta e voglio sfruttare tutte le occasioni che avrò“. Due-tre , o ammettiamo anche quattro prestazioni positive non possono cambiare il giudizio complessivo su di lui: in una squadra ambiziosa, ovvero dal terzo posto in su, il brasiliano non sarebbe il giocatore adatto, mentre per un Parma (dove l’anno scorso si dimostrò all’altezza) o un Catania andrebbe più che bene. Infine, il caso Schelotto. Fischiato e sbeffeggiato, come e più di Jonathan. L’esterno è svuotato psicologicamente, forse si sente già ‘arrivato’. Probabilmente ha sbagliato approccio all’ambiente: forse considera l’Inter una tappa di ‘arrivo’ e non di partenza. Avrebbe i mezzi per fare di più, certo l’aver cambiato molte squadre in così pochi anni di professionismo vorrà pur dire qualcosa.
Il suo atteggiamento è sempre incerto e timoroso, fischi meritati: Stramaccioni, però, ieri ha sbagliato a sostituirlo, oltre che a farlo giocare sulla corsia di sinistra. Visto il periodo poco brillante del giocatore, la cui prestazione contro il Parma non è stata assai peggiore di quella dei suoi compagni, anziché buttarlo fuori avrebbe dovuto lasciarlo in campo, insistere e persistere su di lui. Il tecnico, come a Firenze – quando dopo l’orrendo primo tempo sostituì il migliore (Kovacic) ma anche il più ‘debole’ (spogliatoio parlando) invece di uno tra Cambiasso e Zanetti – ieri ha tolto dal terreno di gioco il giocatore che in questo momento preciso ha meno ‘potere’ all’interno del gruppo. Nel recente passato (con Ranieri) spesso è accaduta la stessa situazione: Poli (ricordate?), fra i migliori in campo, veniva sempre ‘sacrificato‘ sull’altare di gerarchie che ancora oggi hanno una certa influenza su società e squadra. Schelotto è ancora un giocatore grezzo, lui sì una buona riserva (è giovane e con margini di miglioramento) in una squadra, si spera, da vertice.
Raffaele Amato
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