INTER RICARDO ALVAREZ / MILANO – Il problema di Ricardo Alvarez non è tanto l’aver sbagliato in maniera goffa e sfortunata il rigore del possibile due a due contro la non brillante ma efficace Lazio, come Pazzini l’anno scorso contro l’Udinese o come John Terry nella finale di Champions League nel 2009, quanto l’aver inciso poco o nulla nei primi due anni in maglia nerazzurra. Il fantasista argentino è stato da quasi tutti elogiato dopo aver dato il meglio di sé nelle ultime apparizioni, nelle partite, per intenderci, più che inutili ai fini della classifica finale. Acquistato dal Vélez nell’estate 2011 – investimento costato all’ Inter mercato 11,5 milioni di euro, è stato fortemente voluto da Moratti -, ‘Ricky Maravilla’ non ha mai convinto il pubblico del ‘Meazza’, allergico ai giocolieri sfaticati, anche se nell’ultimo mese su questo aspetto ha lanciato dei segnali incoraggianti, e in generale a quei giocatori poco continui dal punto di vista emotivo e sotto il profilo del rendimento nell’arco dei novanta minuti, figurarsi in una intera stagione. Qualche sprazzo qualitativamente buono e un paio di gol non potranno invertire i giudizi e le critiche rivolti nei suoi confronti da chi lo ha visto fare la spola tra infermeria, tribuna, panchina e campo nei ventiquattro mesi in cui ha orbitato nella Milano nerazzurra: 29 presenze (quasi mai dal primo minuto) e 3 reti nella passata stagione, 28 e 7 nell’attuale. Non lo dirà mai, poiché il calcio si nutre di ipocrisia e convenevoli, ma lui si crede e si è sempre creduto superiore alla media. Un fuoriclasse, appunto, che nulla o quasi aveva e ha da imparare. Si è, in poche parole, sopravvalutato da solo. In un’Inter con ambizioni diverse un posto per Alvarez (e tanti altri) non ci sarebbe stato nemmeno nel pullman ufficiale.
Raffaele Amato