Kovacic: “Spero di diventare un grande giocatore. Che campione Zanetti…”

Mateo Kovacic (Getty Images)
Mateo Kovacic (Getty Images)

INTER MATEO KOVACIC / ZAGABRIA (Croazia) – L’Inter ci ha creduto e ci crede ancora, al punto da sborsare una cifra vicina ai 14 mln di euro per strapparlo alle concorrenti. Il talento c’è ed è innegabile, ma adesso tocca a Mateo Kovacic fare il salto di qualità.

Il numero ’10’ nerazzurro, che in patria considerano l’unica vera stella, insieme al connazionale Modric,proprio dal ritiro della sua Croazia, al quotidiano ‘dnevnik.hr’, parla della sua Inter: “Come mi trovo in nerazzurro? Mi è servito un po’ di tempo per abituarmi, però, grazie a Dio, i ragazzi mi hanno accettato subito, il nuovo allenatore anche. Ora dipende tutto da me, devo lavorare duro e così andrà tutto bene. Che strano,prima guardavo i miei attuali compagni e mi immaginavo come uno di loro. Ora, invece, posso stare anche io sotto i riflettori.

La lingua migliora, così farsi capire diventa sempre più semplice: “Parlo spesso con  Handanovic e Kuzmanovic, che sono dalle nostre parti. Però parlo anche con gli altri: brasiliani, italiani, ormai riesco a parlare con tutti”. Intanto tra i giocatori che lo hanno più impressionato figura un ragazzino dell’Inter: “C’è il capitano Zanetti, che corre come un ragazzino. Poi c’è il nostro Modric che, anche se è diventato un giocatore di una squadra importante come il Real Madrid, è rimasto lo stesso ragazzo di sempre con i piedi per terra”. Il mio futuro?: “Non lo so. E, sinceramente, non guardo così lontano”.

L’Inter è arrivata veloce, ho 19 anni e, anzi, ho firmato quando ne avevo 18. Non me l’aspettavo, e penso nemmeno la Dinamo. E’ arrivato tutto all’improvviso, per questo dico che non ci penso. Spero, invece, di diventare un grandissimo calciatore e che un giorno lo possa dimostrare. Voglio che un giorno riesca ad avere una mia famiglia, perché non c’è solo il calcio. Il calcio è importante, però non è la cosa più importante nella vita: c’è la famiglia e tutto quello che porta con sé”.

 

Luigi Perruccio

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