INTER MORATTI ZANETTI IBRAHIMOVIC MOURINHO CALCIOPOLI / MILANO – Inter-Livorno sarà la sua ultima gara da patron dell’Inter. Finisce, così, l’era Moratti, quella volta al sentimentalismo più puro che possa esserci. Un’amore incondizionato per quello che rappresenta un patrimonio di famiglia, un sentimento che non smetterà mai di cessare. I tifosi saranno tutti in piedi per salutare un padre, un presidente che per questo club ha dato tutto, anche l’anima. Così Massimo Moratti a cuore aperto, alla vigilia del closing con Thohir che chiuderà ufficialmente la sua era da presidente dell’Inter, si racconta nell’intervista a 360° concessa a ‘Sette’ del Corriere della Sera, nella quale il quasi ex numero uno nerazzurro ripercorre i momenti più intensi della sua presidenza:
LA SCELTA DI ZANETTI, GLI ACQUISTI DI IBRA E RONALDO – Moratti racconta come rimase stregato dal capitano nerazzurro, Javier Zanetti, tra i primi acquisti del mercato, l’uomo che lo ha accompagnato per tutti e 18 gli anni di presidenza: “Non avevo ancora preso l’Inter e mi era arrivata la cassetta di una partita dell’Under-20 argentina in cui avrei dovuto osservare Ortega. Ne vedo un pezzo, lui non mi aveva entusiasmato e, invece, cosa stranissima, mi ero lasciato incantare da un terzino che faceva cose che non avevo mai visto: difendeva, ripartiva , dribblava sette avversari insieme. Oggi è ancora con noi: ho scoperto che viene da Krypton e che giocherà ancora per 4-5 anni”. Tra i colpi riusciti c’è sicuramente quello di Ibrahimovic, prelevato dalla Juventus nella tormentata estate del 2006: “Mi avevano raccontato che a Malmoe, Zlatan giocava con la maglia dell’Inter. Ibrahimovic era un campione da Inter, geniale e fantastico, come impongono la tradizione e la storia della società”. Ibra un fenomeno, ma forse il colpo in assoluto fu quello di Ronaldo: “L’ho preso per quello, ma anche perché tutti pensavano fosse impossibile. Sembrava aver raggiunto un accordo col Barcellona e invece, mentre ero in viaggio, mi arriva la telefonata in cui mi si diceva che desiderava venire all’Inter. Quel tratto di strada lo feci con un entusiasmo incredibile. Ottimo affare: arrivato a costo alto, ma 5 anni dopo è stato rivenduto al doppio al Real e per noi ha rappresentato un’immagine importantissima perché ci ha aperto al mondo”.
IL VATE MOURINHO E CALCIOPOLI- Così come accade con il padre Angelo, quando prese il mago Herrera, l’analogia si ripete con Mourinho: “Lui l’avevo cercato dopo lo sfogo di Mancini, a metà marzo 2008; gli avevo spiegato che se fosse arrivato lo scudetto, non avrei cambiato. Lui mi rispose: Non prendo impegni, finché lei non ha deciso. Alla fine ho scelto lui, perché temevo che Mancini ripetesse lo sfogo dopo il Liverpool e si dimettesse. Il Triplete? Il bello è che ho sofferto più a Siena che a Madrid. Lì ero convinto che avremmo battuto il Bayern. E’ stata una grande emozione, non una sofferenza”. Impossibile non ricordare Calciopoli: “Abbiamo vinto tanto, ma prima c’è stata anche tanta sofferenza, perché abbiamo dovuto scavalcare le montagne. C’è stato un momento in cui vedevo davanti a me un muro non superabile. Avevo capito che al massimo avremmo potuto concorrere per il secondo o terzo posto. Nel 2006 avrei voluto cedere la società; poi prevale il senso di responsabilità e il rispetto per l’impegno preso. Così ho deciso di andare avanti, mentre si andava precisando quanto si era intuito già nel 1998. Ho pensato: faremo una squadra così forte, che vinceremo tutto”. Grazie di tutto presidente, a nome di tutti gli interisti, a nome di tutti quelli che hanno amato ed amano questa gloriosa maglia.
Luigi Perruccio
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