Inter, Thohir: “Stilato piano di cento giorni. Mi arrabbierò se…”

Erick Thohir
Erick Thohir

INTER THOHIR / MILANO – Erick Thohir ha rilasciato a ‘La Gazzetta dello Sport’ una mega intervista che ha toccato ogni tema, dal più piccolo al più grande, riguardante la sua Inter, acquistata da Moratti per circa 250 milioni di euro. Il neo presidente nerazzurro ha idee chiare e progetti ambiziosi. E’ un fiume in piena, inarrestabile e infaticabile, alla rosea ha descritto e argomentato le prossime mosse che caratterizzeranno e cambieranno la società di Corso Vittorio Emanuele, pezzo dopo pezzo, risposta dopo risposta.

“Amo il calcio spettacolo: serve ad attirare nuovi tifosi e a fare contenti quelli che già ci sono. Ne ho parlato con Mazzarri, dovrà essere ultra paziente per mixare questa esigenza con gli equilibri tattici, importanti per non rischiare di essere sommersi di gol. In tanti vorrebbero allenare l’Inter, quindi è importante essere in grado di gestire le tante pressioni che ci sono qui, come è fondamentale che fin dall’inizio allenatore e squadra, e anche tutti quelli che sono in società, capiscano la filosofia della nuova proprietà. Poi, è chiaro che la preparazione delle partite è di competenza unica dello staff tecnico. So che in Italia si gioca un calcio più ‘difensivo’, mentre in altri Paesi c’è più spazio al 4-3-3 o al 3-4-3. Dipende anche dall’allenatore, ma l’altra cosa in cui credo è che non si può vincere con una sola strategia”.

“Se arrivi all’Inter, devi essere professionale al cento per cento. Guardate Zanetti: non beve alcol, è rientrato dall’infortunio con tre mesi di anticipo, in 10’ col Livorno ha dato un segnale a tutti, partecipando all’azione del 2-0. I più anziani devono trasmettere la giusta disciplina ai giovani, che si sentono superstar visti i tanti soldi che girano, ma non si rendono conto che la carriera così dura appena tre anni. Ho parlato con Mao (Angelomario Moratti, ndr), credo che una partnership sia fondamentale: io non posso essere a Milano ogni giorno, ma ora la mia vita è legata all’Inter. Comunque, a proposito di pensieri ed azioni, si può comunicare in mille modi: anche con i giocatori posso parlare via mail o telefono, e poi quando sarò a Milano guardarli negli occhi. E magari faremo anche una gita di gruppo a Bali: è una bellissima isola”.

“Dal nostro primo incontro ho detto a Moratti, che ha fatto un grande lavoro, che non venivo per sostituirlo, ma piuttosto per lavorare insieme, per aiutarlo. E’ giusto guardare la realtà: il calcio è un business enorme e diventa dura competere con club che hanno ricavi per 500-600 milioni l’anno se tu ne incassi 140. Può capitare che una volta non vinca il più ricco, e proprio questo è il bello dello sport, ma alla lunga prevale il più ricco. Io voglio un club sano, ancor prima che vincente: è per questo che lavoriamo senza sosta da venerdì, con incontri dalla mattina alla sera. Ho poco tempo, giovedì mattina riparto, ma prima voglio capire cosa succede. Sarebbe sbagliato andare da questo o quel dirigente dicendo che sbaglia: prima voglio mettere a fuoco ogni cosa, ascoltare dove sono i problemi. Abbiamo davanti un piano di cento giorni, tre mesi per capire come agire, ma proprio per questo è importante che io capisca in questi giorni cosa è stato sbagliato e cosa è fatto bene. Tornerò dal 28 novembre al 2 dicembre: dopo tutti questi incontri dovrò controllare che i dirigenti abbiano recepito il messaggio e iniziato a lavorare. Se poi non arrivano i risultati, si affronta il problema. Io proteggo la squadra, ma se non danno tutto si cambia“.

“Se guardi alle entrate dei top club, lo stadio pesa parecchio. I Dc United giocano in uno stadio, il RFK, che è del 1956 ed è nato per il baseball, con un campo a forma di diamante, scomodo per il calcio. Stiamo lavorando per un nuovo stadio, ma non avrebbe senso farlo di 40 mila persone: negli Usa ci sono numeri diversi. All’Inter devo studiare bene cosa è meglio fare, se costruire un nuovo stadio o rimanere al ‘Giuseppe Meazza’. Quello stadio è leggendario, ma la struttura è molto vecchia. Ci sono stato due mesi fa: mancano spazi per mangiare, ci sono pochi ascensori, devi usare le scale e mancano mille altre cose. Negli stadi moderni, vedi l’Emirates dell’Arsenal, i vip box portano circa il 30 per cento delle entrate. Bisogna pensare a queste cose, ma non voglio prendere una decisione che non possiamo permetterci”.

Cambiasso sembrava poter pagare l’età ed ero preoccupato perché doveva essere uno dei leader, ma con la sua professionalità è tornato in grande forma. Juan Jesus è molto solido. Campagnaro è un acquisto che Moratti ha voluto condividere con me, anche se non avevo ancora acquistato l’Inter, da vero gentleman: ora sta recuperando dall’infortunio, ma nelle prime gare aveva fatto vedere quanto è forte. Poi ovviamente Alvarez e Palacio. Jonathan? Non ero convinto che fosse così bravo. Da Kovacic e Taider mi attendo più continuità. Ha pensato di ritirare la maglia numero 18 in onore degli anni di proprietà di Moratti? Sarebbe un bel gesto, ma credo che mi direbbe di non farlo“.

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