INTER AUSILIO / MILANO – Nel tragicomico pomeriggio di ieri, è almeno emersa la figura di Piero Ausilio. Non certamente per la prima volta, il direttore sportivo quasi sempre si lascia intervistare da Sky e Mediaset prima di ogni partita (in questo non lo invidiamo…), ma è la prima volta che davanti a microfoni e telecamere ha parlato con toni e modi di un dirigente da Inter. Attaccando la squadra, perché quando si perde quasi sempre non è solo colpa dell’allenatore, e dimostrando che una parvenza di società sia finalmente nata, o che almeno stia nascendo dopo la gestione famigliaristica di stampo morattiano, quella che permetteva a Branca di marcare visita nei momenti negativi o semplicemente dopo una sconfitta, e che consentiva a Moratti, il cui narcisismo e presenzialismo era (oggi molto meno senza calcio, anche se c’è chi parla per lui su qualche giornale amico) inferiore solo a quello del Berlusconi dei tempi migliori e delle new-entry pallonare (in tutti i sensi) De Laurentiis e Ferrero, di proporre al modesto pubblico le sue analisi in ‘morattese’ fuori gli uffici della Saras, accogliendo sorrisi e leccatine dei giornalisti vecchia e nuova generazione. Ieri Ausilio ha tirato fuori i cosiddetti attributi (sic!), non sappiamo se ‘obbligato’ da Thohir o per volontà propria, ma questo poco importa, mentre possiamo dire con certezza che il rinnovo del contratto fino al 2016 ha rafforzato la sua posizione e, speriamo per lui, anche la sua autorità all’interno della società. Parentesi: nel frattempo Fassone, che avrebbe voluto sostituirlo con Bigon, non è più così intoccabile. Ora resta da capire quanto ampio sarà il suo raggio d’azione in futuro. Tradotto: se sarà lui o il presidente in persona – preferiremmo Ausilio, che di calcio capisce sicuramente più di un neofita del pallone come l’imprenditore indonesiano, almeno per rimarcare le differenze con la vecchia proprietà – a scegliere (prima o poi…) il prossimo allenatore.
Raffaele Amato