TRACOLLO INTER / MILANO – Contro la Fiorentina l’Inter ha subito la seconda sconfitta (pesante) della stagione, in appena sette giorni, e siamo solo a inizio ottobre. Le colpe di questa crisi, perché è impossibile definire tale momento in altro modo, sono state gettate tutte sul capo di Walter Mazzarri, secondo addetti ai lavori e non, soprattutto per i tifosi, l’unico colpevole. Ma è davvero così?
COLPE DI MAZZARRI – No, però partiamo proprio dalle colpe del tecnico: dopo un anno e qualche mese la sua squadra non ha un gioco ben definibile: sbaglia sempre l’approccio alla partita, è confusionaria e sfilacciata, pressa male e difende peggio. Non ha grinta e orgoglio, anzi è presuntuosa e spesso gioca sulle punte. Mazzarri ha perso sicurezze, sembra non avere più in pugno lo spogliatoio. Nell’ultima conferenza è apparso nervoso e teso, mentre nel post-partita di ieri farneticava, cercando di aggrapparsi a qualcosa che potesse dare una spiegazione all’inadeguatezza di questa Inter. Quasi a sembrare lo Stramaccioni di prima mano, anzi di primo esaurimento nervoso. Milano e l’Inter sono un tritacarne.
La condizione fisica della squadra è a dir poco scandalosa: vero che la preparazione è stata programmata per partire subito forte fin dal playoff di Europa League, prevedendo un calo a metà settembre, ma vedere già molti giocatori quasi pascolare in campo, ed essere soggetti ai crampi (il fattore psicologico può incidere ma fino a un certo punto), fa cadere le braccia. In ultimo il modulo: è evidente che con questa squadra non possa attuare la sua filosofia di calcio, ovvero e riassumendo “stretti e chiusi, aspettare per poi ripartire in contropiede”, quindi perché non cambiare: se ora non puoi permetterti le due punte, per esempio, gioca con una sola, manda in campo un undici più compatto e sparagnino almeno per limitare i danni.
Ecco perché si può dire che a Milano Mazzarri abbia snaturato sé stesso. A volte andando oltre i propri paletti, le proprio idee. Forse per compiacere la nuova proprietà, anche se schierare una difesa a quattro, invocata da Thohir, proprio non gli va giù.
SQUADRA MODESTA – Mazzarri è in confusione e ha perso presa sulla squadra, ma i giocatori che ha a disposizione sono per certi versi “normali”, per altri “mediocri”. Tutti, o quasi, senza personalità: alcuni sopravvalutati, comunque pompati dai media (per far contento il tifoso). Capaci solo di far proclami, sorrisi e sorrisini, poi in campo sembrano delle ballerine. E ci sembrano anche giocare contro il proprio allenatore, quasi aspettando che vada via. Tre quarti della rosa sarebbe da squadra media, cosa che purtroppo oggi è l’Inter.
COLPE SOCIETARIE – Da Thohir ad Ausilio, le loro colpe sono maggiori, sono principali e capisaldi di questo momentaccio nerazzurro: il presidente, che dicono abbia salvato l’Inter (ma nessuno lo ha obbligato), in realtà ha solo preso i debiti di Moratti (ora nell’ombra, ma primo responsabile di tale sfascio che dura ormai da quattro anni) dando in garanzia proprio l’Inter. Rischio zero per lui, che nell’ultimo calciomercato ha tirato fuori pochi spiccioli per rafforzare come si deve una formazione l’anno scorso arrivata a fatica al quinto posto, peraltro in un campionato mediocre e per alcuni aspetti avvilente.
Affidando ad Ausilio, ancora ci domandiamo perché sia stato e venga tuttora incensato quasi come l’Allodi del nuovo millennio (forse perché sparge notizie ai giornalisti amiconi, quelli del “ciao Piero”), quando in realtà dal 2010 ad oggi, prima con Branca poi da solo, ha messo a segno operazioni alquanto discutibili nonché pensabili e realizzabili anche da chi fa un altro mestiere. I soldi sono pochi, ma un po’ di fantasia, di idee, non guasterebbero: son tutti bravi a pendere scarti di altri.
Per concludere: difficile stabilire se Mazzarri riuscirà o meno a salvare il salvabile, il tempo e l’esperienza sono ancora dalla sua parte, anche perché il cambio di guida tecnica non ci sembra la soluzione migliore. E costerebbe un bel po’ di quattrini. Peraltro i calciatori quelli sono, e quelli rimarrebbero in caso di esonero, e in giro non ci sono allenatori ‘santoni’, quelli che trasformano i brocchi in campioni.
Raffaele Amato
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