CALCIOMERCATO INTER / MILANO – Per fortuna sono in pochi quelli che ancora credono a un calciomercato volto al rafforzamento esclusivo di una squadra. Per fortuna, perché spesso e volentieri quello spazio di circa tre o un mese – anche se ufficiosamente dura tutto l’anno – è botte di vino per i tanti Bacco che gravitano attorno al mondo del calcio per intrallazzi vari o per far acquistare a club poveri di idee, come di liquidità, i cavalli della propria scuderia, che non sempre – o quasi mai – pullula di gran qualità alla Varenne dei tempi d’oro. Per loro come per molti dirigenti un vero e proprio maestoso giro d’affari, tra onerose commissioni e conseguenti magheggi nel bilancio, per giocatori sconosciuti, più delle volte non all’altezza per un campionato di Serie A, o di un ragazzo della Primavera.
Di mani ce ne vorrebbero tante per contare i calciatori stranieri (perlopiù sudamericani) approdati negli ultimi anni in Italia – lo stesso per quelli giunti all’estero, specie nelle Leghe formate da un folto numero di club con l’acqua alla gola – che poi non hanno dimostrato (per usare un eufemismo) di valere i milioni investiti dalla società acquirente del suo cartellino, a volte di proprietà dello stesso agente (anche in una percentuale minore) o di una “third party ownership”, che si maschera dietro il medesimo procuratore per bypassare la Fifa, che da anni cerca di porre un freno alla loro espansione, non riuscendoci anche per questioni di mera opportunità “di voti” del potente presidente Blatter.
Tornano alla questione agenti-giocatori sudamericani sconosciuti (e mediocri) piazzati in Europa, possiamo tranquillamente dire che pure l’Inter nel lontano come nel recente passato si sia resa protagonista di acquisti alquanto discutibili, per non dire strani e bizzarri. Tredici anni fa, per esempio, il club nerazzurro comprò Gonzalo Sorondo (11 presenze) e Antonio Pacheco (solo una), che gli interisti ricorderanno non certo in senso positivo, per favorire – da maligni, e perché ci sono altri identici casi avvenuti con club e giocatori diversi ma con lo stesso procuratore (cioè Paco Casal), la pensiamo così – per favorire il (poi milionario) rinnovo contrattuale di Alvaro Recoba, ‘cocco’ di Massimo Moratti e nello stesso periodo dato per vicino – soprattutto da giornalisti ‘amici’ – alla Juventus della Triade, in particolare di Luciano Moggi, due anni prima, e per qualche giorno, nuovo dg nerazzurro. Per ammissione anche di Sandro Mazzola, all’epoca dirigente interista. Ma questa è un’altra storia…
Un altro esempio, ma ce ne saranno stati sicuramente degli altri, risale ad appena sedici mesi fa, con l’ufficializzazione (ma l’affare venne chiuso già a gennaio) di Diego Laxalt. Mezz’ala sempre uruguagia (qualità migliore? “il dinamismo…”, disse D’Ippolito, suo rappresentante ‘ufficioso’) che costò all’Inter poco meno di 3 milioni di euro (al netto di commissioni) stante le appena 15 presenze (non partite complete) col Defensor, club ‘celeste’ da dove arrivò il mitico Sorondo nel 2001.
Ebbene in tutto questo tempo Laxalt, in concreto facente parte della scuderia della prosoccer24 di Gustavo Mascardi e che in due ritiri non è stato ritenuto all’altezza da Mazzarri per giocare in questa Inter, girato in prestito prima a Bologna poi quest’anno a Empoli, è riuscito a collezionare più panchine che minuti, dando adito ai malpensanti (che spesso dimostrano di avere l’occhio lungo), i quali ritengono che l’affare Mascardi-Inter, come quello Levinton-Inter per Botta (altro oggetto misterioso, ora infortunato e in prestito al Chievo) sia stato concluso più per riempire il portafogli di “qualcuno” che per acquisire le (così preziose?) doti pallonare del ventunenne. A gennaio, via Inter, pronto a traslocare in una terza squadra da quando è giunto nel Bel Paese (cioè appena un anno e mezzo fa), un tempo anche fucina di campioni, oggi solo approdo di affaristi e mercanti di bidoni.
Raffaele Amato
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