INTER MANCINI / MILANO – Se non fosse per i soldi che mancano, o per il Fair Play Finanziario che impedisce a club come quello nerazzurro di tornare a spendere il necessario per ritrovare gloria, l’Inter con Mancini avrebbe un futuro assicurato, un futuro vincente. Il tecnico, assieme a Capello non versione ct e a pochi ‘guru’ del calcio mondiale tipo Mourinho, van Gaal e Guardiola, appartiene alla categoria dei ‘grandi costruttori’, degli ‘architetti’ della panchina. Non solo allenatori, soprattutto manager. In pratica eccellenti nel costruire e modellare (anche) squadre ancora con un’identità precaria, da formare. Ma per far questo hanno bisogno di soldi, tanti soldi, che è poi il segreto di Pulcinella. Senza non si cantano messe e, a maggior ragione, non si fanno squadre in grado di competere e vincere. Mancini, grazie ai milioni di Moratti, costruì l’Inter degli scudetti e coppe varie, grazie a quelli dello sceicco Mansour un Manchester City stellare, conquistando la Premier dopo 44 anni, che è in larga parte lo stesso ora nelle mani di Pellegrini. E’ un tecnico lungimirante e intelligente, che ha l’occhio lungo per i talenti emergenti prendibii a poco (facile dire Hamsik, ma prima che andò al Monaco spinse inutilmente con Branca per prendere un certo Yaya Touré, all’epoca nell’Olympiacos e acquistabile per 6 milioni) e che sa far spender tanto ma, soprattutto, il giusto per alzare l’asticella delle ambizioni. Il (forte) dubbio riguarda solo Thohir, ovvero se potrà essere o no (nel caso il matrimonio finirebbe presto, con tempi alla Galatasaray) il suo Moratti o Mansour (intesi come generatori di euro), o perlomeno una via di mezzo che forse potrebbe bastare per costruire un’Inter totalmente diversa dall’attuale.
Raffaele Amato