ANALISI INTER / MILANO – Al giro di boa della scorsa Serie A l’Inter chiuse con 32 punti, sei in più rispetto alla 19esima di quest’anno (in alta quota hanno fatto peggio Napoli (-9) e Fiorentina (-7), meglio la Sampdoria (+12) e la Lazio di Pioli (+7)), dove però i punti di distacco dal terzo posto, come dodici mesi fa occupato dal Napoli, oltreché dalla squadra di Mihajlovic, sono tre in meno (10 a 7). Questo non vuol dire che la squadra di Mancini abbia maggiori possibilità di agganciare la zona Champions rispetto al 2013-2014. Anzi. Per riascoltare la mitica musichetta, con passaggio preliminare tutt’altro che scontato, che magari potrebbe consentire di trattenere i pochissimi pezzi pregiati (magari pure lo stesso Mancini). servirebbe un girone di ritorno da scudetto, più o meno una quarantina di punti con annesso ‘harakiri’ della formazione di Benitez o di una Lazio (senza coppe…) che sembra essere la sua unica degna rivale. ‘Mission impossible’, per usare un’espressione tanto usata nel giornalistichese, a maggior ragione per un’Inter che si muove a stento e che a Empoli, oltre a una condizione fisica contraria a brillante, ha palesato per l’ennesima volta scarsa personalità e grandi difficoltà nella costruzione di gioco (ma se nessuno si muove…), a proposito del quale è meglio precisare. Nelle idee di Mancini non c’è un regista vero e proprio, ma un giocatore esperto e intelligente, capace sia di dare un avvio azione non banale (che sappia fare anche un lancio, non solo il ‘tocchetto’ alla Medel) nonché di interdire. Un simil Cambiasso, ma si accontenterebbe anche di un simil Dacourt che proprio con lui in nerazzurro visse una stagione e mezza da assoluto e inaspettato protagonista. Non a caso il primissimo obiettivo per il centrocampo è il bravo, ma non fenomeno Lucas Leiva, con Mario Suarez (il giudizio non cambia) come valida alternativa.
Raffaele Amato