CALCIO SCOMMESSE PARLA DI MARTINO/CREMONA-La Gazzetta dello Sport, ha intervistato il pm dell’inchiesta di Cremona sul calcio scommesse Roberto Di Martino. Durante la lunga conversazione concessa alla rosea, ha parlato in maniera chiara della situazione dell’inchiesta sul calcioscommesse e delle indagini che hanno messo a nudo, tutte le situazioni scabrose del calcio italiano. Queste le sue prime dichiarazioni: “Per me la strada è stata in salita come un Mortirolo. L’inchiesta sul calcioscommesse ha numeri enormi, impossibili per una Procura piccola come Cremona. Non abbiamo avuto nessun aiuto. Ero e sono rimasto l’unico pm, ma ho anche altri processi. Ho seguito, ad esempio, l’appello sulla strage di piazza della Loggia a Brescia. Per non parlare del personale: da dividere coi colleghi. Insomma, si parla tanto di giustizia lenta, ma in queste condizioni essere veloci è un’utopia. Nonostante tutto, due poliziotti della Questura di Cremona sono stati premiati proprio per il lavoro svolto su Last Bet“. Gli chiedono, come le istituzioni sportive hanno preso questa continua implicazione di tesserati e se la cosa può averle infastidite e lui dice: “Può essere, di sicuro nessuno è venuto nel mio ufficio per avere informazioni dettagliate”. Gli domandano, se conferma che i vari presidenti di Coni, Figc, Leghe non l’hanno mai contattato e lui dichiara: “È così. Ho incontrato Abodi (Lega di B, ndr) in un convegno e letto lodi pubbliche per l’inchiesta. Non sempre, a dire il vero”. Gli viene chiesto, se con il collega Palazzi si sente spesso e lui risponde: “Certo e nel possibile sono stato collaborativo. Tornando indietro non lo rifarei”. Gli domandano se non passerebbe le carte alla giustizia sportiva e lui spiega: “In tempi più lunghi: se un giocatore parla da Palazzi, poi quando viene da me è legato a quelle dichiarazioni, spesso non veritiere. I giocatori vedono il processo penale distante, mentre un anno di stop può significare carriera finita. Non solo, anche le sentenze della giustizia sportiva possono influire in modo negativo”. Dopo Catania e Catanzaro si torna a chiedere pene esemplari e lui dice: “Nel 2011 le condanne erano state dure. Poi c’è stata un’inversione di tendenza. Il motivo? Non dovete chiederlo a me”. Gli domandano, perché le combine non diminuiscono e lui dichiara: “All’inizio pensavo fosse un fenomeno limitato alla Lega Pro, sbagliavo. Si può truccare benissimo anche un match di A, negli atti ci sono esempi lampanti. I giocatori sono avvicinabili e corruttibili. Non tutti, ovvio. Ma quelli non coinvolti faticano a denunciare i compagni. L’omertà è una regola e se di mezzo c’è il club, diventa ancora più pressante. Chi parla viene isolato, come è accaduto a Simone Farina. Fino a quando la mentalità sarà questa, le combine sono sempre possibili. Il fenomeno scommesse ha solo ingigantito un problema che c’era già”. Gli fanno notare, che l’allenatore della Nazionale Antonio Conte. si ritiene vittima di un’ingiustizia e i suoi legali sono rimasti stupiti, riguardo un nuovo coinvolgimento del loro assistito in questa inchiesta e lui dice: “Il pm fa il pm: nessun pregiudizio o peggio persecuzioni. Un giudice valuterà le opposte tesi. Accuse, condanne e assoluzioni fanno parte del sistema giustizia”. Gli fanno notare, che le sue indagini lo hanno messo anche al centro di pericolose minacce, compresa la consegna di una busta con proiettile e lui risponde: “Mi ha stupito le velocità di questi “saluti”, arrivati con l’inchiesta appena iniziata. Le dico la verità, ritengo molto più concreta la minaccia avuta in aula da un boss mafioso: mi ha promesso di uccidermi una volta uscito di galera. Per ora è ancora dentro…”.
Luigi De-Stefani
Luigi De-Stefani