INTER MAZZOLA FACCHETTI HERRERA DOPING JUVENTUS / MILANO – Sandro Mazzola, bandiera della prima Grande Inter, si è raccontato in una lunga intervista concessa al ‘Corriere dello Sport’. Interlive.it vi riporta gli estratti più significativi:
HELENIO HERRERA – “Ci diceva sempre che lui doveva allenare prima la nostra testa e poi le gambe. Ma ci faceva faticare da pazzi. Compreso il lunedì. E poi i ritiri. Lui, non il medico, faceva la dieta. Il giorno della partita ci faceva mangiare un filetto al sangue alle dieci di mattina. Io non ci riuscivo. Ma per reggermi in piedi, in campo, mi ero messo d’accordo con un mio vecchio amico di Cassano che aveva aperto una panetteria a Milano. Mi faceva tre panini che io mangiavo di nascosto al Mago”.
FACCHETTI – “Giacinto era un grande, ha inventato un modo nuovo di fare il terzino. Fluidificava bene, segnava tanto. Nel gruppo se ne stava molto per conto suo. Per lui Herrera era una specie di Dio. Non ammetteva che sbagliasse. Quando noi protestavamo perché il Mago esagerava, era troppo cerbero, lui si metteva in disparte”.
JUVENTUS – Mazzola confessa che sarebbe potuto andare alla Juve: “A 14 anni firmai il mio primo cartellino. C’era scritto ‘tesserato all’Inter a vita’. E così è stato. Nonostante una telefonata di Boniperti, amico e collega di papà, che mi voleva alla Juventus. Mentre parlavamo mi passò l’avvocato Agnelli. Io me la stavo facendo sotto ma tenni botta. Ringraziai ma dissi che non potevo tradire l’Inter”.
BEST 11 – Ecco la miglior formazioni di Mazzola: “Ghezzi, Burgnich, Jack Charlton, Picchi, Facchetti; Beckenbauer, Rivera, Pelè; Van Basten, Cruyff, Messi. Allenatore ovviamente Helenio Herrera”.
DOPING – “Io ad un certo punto cominciai ad avere, in campo, dei fortissimi giramenti di testa. Andai dal medico che mi fece fare tutte le analisi e mi disse che dovevo fermarmi, che avevo problemi grossi. Mi disse che dovevo stare fuori almeno sei mesi. Ma questo Herrera non lo voleva. Da dove nascevano quei valori sballati? Non lo so. Ma so che, prima della partita, ci davano sempre un caffè. Non so cosa ci fosse dentro. Ricordo che un mio compagno, Szymaniak, mi chiese se prendevo la simpamina. Io non sapevo cosa fosse ma qualcosa che non andava, qualcosa di strano, c’era”.