INTER MANCINI / MILANO – Tredicesima formazione in 13 gare. Mancini stupisce sempre di più e torna in vetta alla classifica dopo il sonante 4-0 contro il Frosinone. La sua Inter, forse non bella ma cinica e spietata fino a questo momento, inanella una serie di vittorie consecutive (quattro, ndr) e si prepara al big match contro il Napoli in condizioni psico-fisiche davvero confortanti. Il segnale dato contro i ciociari è quella di una squadra che sa giocare con diversi dettami tattici e che fa della sua duttilità (unita al sapersi adattare all’avversario, talvolta) una delle virtù per migliorare in termini di progressi di crescita globale e di gioco; per questo, sorprende la scelta di schierare un’Inter iper-offensiva con Biabiany e Ljajic sulle fasce dove Nagatomo e soprattutto Telles andavano sul fondo con immensa libertà di spingere risultando delle vere e proprie ali e non terzini, dando addirittura l’impressione di schierare la squadra con un 2-4-4 rivoluzionario ma sanguinoso contro squadre organizzate che sanno attaccare in contropiede. Il tecnico ha comunque dato prova di tenere sulla corda tutto il gruppo (o quasi, Montoya è evidentemente bocciato) e dimostrato che nessuno è indispensabile ma tutti importanti; da qui le grandi prove di Biabiany e Telles, la rigenerazione di Ljajic e il ritrovato gol di Icardi, ancora lontano da quello ammirato l’anno scorso e con un’intesa con i compagni d’attacco ancora tutta da trovare. Già, l’attacco, forse è proprio questa la nota stonata fino a questo momento: Icardi fatica a svolgere il lavoro chiesto dal tecnico (più movimento, più aiuto per la squadra, più dialogo con Jovetic e Ljajic che dialogano solo tra loro), mentre Jovetic non aiuta l’argentino giocando spesso da solo o con il ‘compare’ serbo Ljajic, che tra l’altro non riesce a cambiare copione svolgendo sempre lo stesso compito nel puntare l’uomo non in velocità, chiedere l’1-2 e/o andare al tiro, spesso con risultati deficitari. Contro il Frosinone va bene, ma contro squadre di una certa levatura e per vincere lo scudetto servirà decisamente ben altro e un’inversione di marcia non indifferente.
Stefano Migheli