INTER MILAN CALCIO ITALIANO / MILANO – Milano è morta, calcisticamente parlando. I cadaveri di Inter e Milan galleggiano sul Naviglio da quando Moratti (che dal 2013 ha ceduto a zero la maggioranza a Thohir rimanendo come azionista di minoranza, ossia in una posizione alquanto ambigua e discutibile. Ma un suo ritorno peggiorerebbe la situazione) e Berlusconi hanno smesso di staccare assegni, quindi di pensare in grande un po’ per tifo, un po’ per vanità e un po’ per continuare a rinfrescare la propria immagine. Le milanesi hanno più o meno gli stessi problemi: confusione generale, proprietari che, al di là delle smentite di rito, vogliono cedere perché i soldi non ci sono, perché sono finiti e perché in generale non ha molto senso spenderne. Dirigenze con scarsa lungimiranza soggette alla volontà del padrone (o peggio ancora dell’ambiente), o dei padroni nel caso dell’Inter. Assenza, specie al Milan, o quasi di un programma tecnico chiaro, concreto (cambiare Mihajlovic per Brocchi, quando mancano 6 giornate alla fine del campionato, che senso puà avere?). Allenatori e calciatori – il più non da grandi club – che vanno e vengono come se la Pinetina e Milanello fossero due stazioni. Anni fa l’obiettivo di entrambe era vincere e basta, ora è al massimo un terzo posto che comunque non garantisce l’agognata Champions. Milano è morta, i bilanci e le prospettive immediate stanno a dimostrarlo: l’unica via d’uscita sarebbe cambiare, ma più che le squadre – che comunque necessitano di campioni, senza i quali è impossibile vincere – chi mette soldi (ce ne vogliono tanti) o dovrebbe farlo e chi decide linea e strategie. Il calcio italiano, che se non anch’esso morto è perlomeno in coma profondo da anni, ha bisogno che Inter e Milan tornino ad essere almeno la metà di quelle passate.
Raffaele Amato