Inter, Amarcord nerazzurro: Sandro Mazzola, il ‘degno’ erede di Valentino

Sandro Mazzola

AMARCORD INTER MAZZOLA / Terzo appuntamento con la nostra nuova rubrica ‘Amarcord nerazzurro’. Oggi torniamo indietro agli inizi degli anni ’60, quando il figlio di un grandissimo campione iniziava a giocare e a segnare con la maglia nerazzurra: Alessandro Mazzola, nato a Torino l’8 novembre 1942.

Inter, Sandro Mazzola: “degno” erede di suo papà Valentino

Figlio del capitano del ‘Grande Torino’, Valentino, scomparso il 4 maggio 1949 nella tragedia di Superga. Dopo la morte di suo padre, fu l’attaccante dell’Inter Benito Lorenzi a prendere sotto la sua ala protettrice il piccolo Sandro e suo fratello Ferruccio, facendone la mascotte della squadra. Durante la settimana, entrambi si allenavano con la formazione giovanile, sotto la guida di un certo Giuseppe Meazza.

Il suo esordio in Serie A avvenne proprio con la Primavera il 10 giugno 1961 contro la Juventus, quando il presidente dell’Inter, Angelo Moratti, ‘ordinò’ a Herrera di schierare la formazione giovanile. L’incontro finì 9-1 con sei reti di Sivori, ma Mazzola segnò su rigore: aveva imparato tirandoli al grande Bacigalupo quando era la mascotte del Toro, spiazzando Mattrel. Nel campionato successivo avrà modo di giocare nuovamente una partita in Serie A, ma questa volta con la prima squadra allenata da Helenio Herrera. Dal campionato 1962/63 inizia effettivamente la sua carriera in nerazzurro con 23 presenze e 10 reti in campionato e un gol in Coppa Italia. Nello stesso anno arrivò anche il suo primo Scudetto. L’anno successivo, a soli 21 anni, giocava la sua prima finale di Coppa dei Campioni. La sera della partita al ‘Prater’ di Vienna, di fronte ai campioni del Real Madrid rimase incantato e fu Luisito Suarez a ridestare un estasiato Sandro, che poi in campo con una doppietta divenne il matador dei ‘Blancos’. A fine partite avrebbe voluto scambiare la maglia con Alfredo Di Stefano, ma fu Puskas ad andargli incontro facendogli forse il più bel complimento ricevuto in carriera. Queste le parole del campione del Real: “Ragazzo ho giocato contro tuo padre…sei degno di lui”.

Nonostante quattro scudetti, due coppe dei Campioni, due Intercontinentali, Campione d’Europa nel 1968 con la Nazionale, lui vede sempre suo papà Valentino inarrivabile. L’anno successivo la finale di Coppa Campioni si giocava al ‘Meazza’ e l’Inter ci arrivò dopo aver eliminato il Liverpool in semifinale. All’andata la squadra di Herrera perse 3-1 e per tutta la partita giocata ad ‘Anfield’ in sottofondo fu messa la canzone: when the saints go marching in. Mazzola, anche se poco convinto, chiese allo speaker dello stadio milanese, qualora fossero riusciti nell’impresa, di mettere quella canzone al termine dell’incontro e, grazie alla punizione di Corso, alla furbata di Peirò e al tiro al fulmicotone di Facchetti, gli inglesi non solo vennero demoliti sul campo ma ricevettero pure la musica di scherno. La finale con il Benfica venne risolta da un insieme di fattori: il tiro di Jair, il terreno di ‘San Siro’ ntriso dalla pioggia battente e il portiere Costa Pereira che si lasciò sfuggire la palla. Tante soddisfazioni, ma anche tante brucianti sconfitte come a Mantova nell’ultima giornata del campionato 1966/67 che regalò lo scudetto alla Juventus e nella finale di Coppa Campioni dello stesso anno persa per 2-1 contro il Celtic, nonostante il suo gol su rigore avesse illuso di poter arrivare alla vittoria.

Negli anni successivi si dovette accontentare di uno Scudetto nel 1970/71, un’altra finale di Coppa dei Campioni nel 1972, persa 2-0 contro l’Ajax di Cruijff e soprattutto di chiudere la carriera con una sconfitta in finale di Coppa Italia, contro i cugini rossoneri persa per 2-0 il 3 luglio 1977. Con la nazionale, dopo la debacle in Inghilterra del 1966, si tolse qualche soddisfazione nei quattro anni successivi vincendo il campionato europeo del 1968 e perdendo soltanto contro il Brasile di Pelè la finale del Mondiale del 1970, ma avendo la fortuna di giocare almeno il primo tempo di una delle partite più memorabili della storia dei Mondiali di calcio, contro la Germania nella semifinale vinta 4-3 ai supplementari. Al termine della carriera furono 418 le presenze nella massima serie con 116 reti, 80 presenze nelle coppe nazionali con 24 reti e 67 presenze nelle coppe europee e mondiali e 20 reti. Con la Nazionale italiana arrivò a 70 presenze segnando 22 gol. Da circa 50 anni vive a Monza e si gode i suoi 7 nipotini e forse il piccolo Valentino, tra qualche anno, potrebbe diventare un altro Mazzola e regalare sprazzi di genialità, sacrificio ed abnegazione come fecero i suoi illustri avi.

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