INTER, MORATTI / MILANO – Lunga intervista a Massimo Moratti dalle pagine del ‘Guerin Sportivo’. Queste le fasi salienti: ”Se mi manca l’Inter? Non mi manca perché non l’ho mai lasciata. Sono tornato quello che ero prima, cioè un tifoso. Sia allo stadio, sia davanti al televisore. Oltretutto sono contento di come stiano andando adesso le cose. Non è che se uno è un tifoso debba per forza gestire la squadra per cui tifa… Per una famiglia, per quanto ricca, è impossibile gestire un club con ambizioni internazionali. Tutto deve essere inserito all’interno di una logica finanziaria e industriale, come nel caso di Suning. Il momento più bello? La Champions League è stata la fine di un percorso. Mourinho? Già un anno prima mi aveva informato che c’era un interessamento del Real nei suoi confronti. Poi la cosa si è ripetuta. Non si possono tenere prigioniere le persone, come non è stata bella la modalità con la macchina di Florentino Perez fuori dal Bernabeu la sera della finale. Mourinho stesso si è pentito del suo gesto e poche ore dopo, nel mio ufficio a Milano, mi disse che se avessi voluto sarebbe rimasto all’Inter. Gli dissi di fare liberamente le sue scelte. Le sue lacrime erano vere e sincere e mi fa piacere che ancora oggi dica che la sua squadra è l’Inter”.
Inter, Moratti: ”5 maggio, Madrid, Mourinho: vi dico tutto”
”Il colpo mancato? Cantona. Un giocatore e una persona che mi faceva impazzire, andai a vederlo proprio il giorno del calcio al tifoso… Ma in quell’occasione mi innamorai di Ince. Cantona non riuscii mai a prenderlo perché dopo la squalifica lo stesso Cantona aveva deciso di lasciare il calcio. Quanto ai colpi che mio padre sfiorò, ne cito uno di cui non si è mai parlato, Uwe Seeler. Il punto più basso della mia presidenza? Facile dire il 5 maggio ma ci tengo a sottolineare che quella partita fu persa dai campionissimi e non dagli errori di Gresko. Si era creato un clima non idoneo al momento della partita, serviva equilibrio, serenità. C’era troppa sicurezza da parte dei giocatori più importanti, troppa fiducia nell’arrendevolezza della Lazio, con all’opposto un Cuper che si macerava con i suoi presentimenti negativi… La squadra che mi è rimasta nel cuore? Quella del primo anno di Ronaldo e allenata da Simoni. Era una squadra davvero emozionante anche se inferiore a molte di quelle che sarebbero arrivate. C’erano però il miglior giocatore del mondo e uno spirito giusto, mi è rimasta nel cuore” ha concluso.
S.M. – www.interlive.it