Inter, la bella intervista di Vogue a Matilde Gioli una tifosa nerazzurra che ama andare a vedere la sua squadra del cuore in curva e al freddo come qualsiasi tifoso. Inoltre il suo giocatore preferito era ed è Marco Materazzi
INTER GIOLI INTERVISTA/ Bella intervista di Vogue all’attrice Matilde Gioli, che racconta la sua felicità per aver partecipato al progetto fotografico ‘I-M’ per il nuovo logo della squadra nerazzurra. Queste le sue prime dichiarazioni: “Quando me l’hanno chiesto sono impazzita di felicità. Avevo già partecipato a un evento dedicato ai vent’anni della collaborazione tra Nike e Inter, ma questa è tutta un’altra cosa. E in più sono orgogliosa che la mia squadra si apra così tanto verso altri ambiti e discipline: di fianco a uno dei miei scatti, in questo momento così difficile dove io stessa mi ritrovo con alcuni progetti in sospeso, ci sarà lo slogan ‘I M CULTURE“. Le hanno fatto notare che, ogni volta deve fare qualcosa per la sua squadra del cuore, utilizza sempre una maglietta che ha come caratteristica principale il numero 23 e lei ha spiegato: “È il numero di Materazzi. Quando giocava ero ragazzina, e per la prima volta la passione sportiva iniziava a coincidere con altre piccole palpitazioni. Mi piaceva la sua attitudine così particolare e tanto detestata dagli avversari, amavo come parlava e come si muoveva. Avevo il poster in camera e personalizzavo tutto col suo numero: è stato il mio Justin Bieber. Anche adesso, mentre parliamo, la cover del mio telefonino è decorata col 23“. Ormai è un anno che i tifosi non possono andare allo stadio e gli hanno chiesto se questa situazione gli manca e lei ha detto: “Da impazzire. Però, almeno, sono riuscita ad andarci un paio di volte quando era consentito il limite dei mille spettatori. Ed è stato surreale: si sentiva lo schiocco della palla, tutto quello che si dicevano in campo, le urla dell’allenatore”.
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Gli hanno domandato se il luogo preferito all’interno dello stadio sia la curva o la tribuna e lei ha risposto: “Perché andare allo stadio rievoca qualcosa di ancestrale, come entrare in un’arena, ti fa sentire forte e ti viene la voglia di resistere a tutto, dai fumogeni che ti arrivano in gola al freddo. Con le amiche arrivavamo allo stadio ore prima del fischio di inizio, a patire il gelo dietro lo striscione de Le Monelle senza che nessuna osasse portarsi un plaid: sarebbe stato segno di inaccettabile debolezza”.
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