Inter, l’ex attaccante Luis Nazario da Lima in arte ‘Ronaldo’ ha dato la sua opinione sul documentario a lui dedicato
L’ex attaccante Luis Nazario da Lima in arte ‘Ronaldo‘ è stato intervistato dalla Gazzetta dello Sport per dare il suo parere sul documentario che Dazn gli ha dedicato. Le sue prime parole sono state: “C’è tanto dramma”.
In una parte di questa lunga intervista, gli hanno ricordato come all’inizio del racconto un giovanissimo ‘Ronaldo‘ aveva ammesso di aver paura di farsi male e gli hanno chiesto se era una profezia e lui ha spiegato: “Io vengo da una generazione nella quale in campo picchiavano tanto. Madre mia. Le partite non erano come oggi che ci sono 15-20 telecamere, in un Clásico 60, al Mondiale mille. Oggi si vede tutto. Ai miei tempi i difensori ti minacciavano, ti sputavano, ti pestavano i piedi, ti picchiavano. Sono cresciuto come un sopravvissuto“.
Nel documentario, si vede che parlando con Roberto Carlos definiva i calciatori come i gladiatori e lui ha detto: “Io mi sentivo esattamente così. Eravamo come dei guerrieri, ci buttavano nell’arena per vedere chi ne usciva vivo. La pressione che avevo addosso mi spingeva sempre più verso il basso e un ragazzo così giovane non sa come comportarsi, come affrontare cose tanto grandi. Oggi tutte le squadre hanno uno psicologo, noi eravamo soli, nessuno parlava di salute mentale. Ho fatto una gran fatica, e ho imparato tanto prendendo ceffoni da ogni parte. Due anni e mezzo fa ho iniziato a fare terapia e la cosa mi ha aiutato a capire meglio anche cosa ho sentito prima”.
Nel lungo colloquio gli hanno anche domandato se ha avuto bravi professori a seguirlo e lui ha dichiarato: “I migliori, una scuola di altissimo livello. Parto dall’ultimo, Andres Sanchez del Corinthians, oggi mio grande amico, rivoluzionò il club. E torno a uno dei primi, José Luis Nuñez al Barcellona, col quale non mi sono trovato bene: sono stato un solo anno ed è servito per farmi capire come non bisogna fare le cose. Avevo firmato il rinnovo e dopo 5 giorni ha cambiato idea e l’ha stracciato, per quello sono venuto all’Inter. Dove ho trovato Massimo Moratti. Con lui ho avuto un rapporto umano incredibile, incredibile. È stata una delle persone più importanti della mia vita. Come ci trattava, come ci parlava, come ci curava, come si preoccupava per noi. Sono stato molto bene anche con Florentino Perez: ha avviato l’era moderna del calcio, con i “Galacticos” e lo sviluppo dell’area commerciale fino ad allora mai sfruttata. Ha iniziato a monetizzare l’immagine dei giocatori”.
Gli hanno chiesto un’opinione sul calcio italiano e lui ha risposto: “Guardo con attenzione la Serie A e anche la Serie B, perché sono un malato di calcio, ma soprattutto perché con l’Italia ho una relazione speciale. Il momento è complicato, ma credo che non tutti i mali vengano per nuocere. Il fatto che l’Italia non si sia qualificata per i Mondiali per due volte consecutive genera un dibattito su cosa bisogna fare e credo che ora tutti abbiano in testa la soluzione. Il campionato deve migliorare e per farlo devono esserci maggiori introiti, i club devono guadagnare di più. Bisogna investire sui giovani e nel calcio di base, cercare più talento locale e trovare un equilibrio tra italiani e stranieri. La Serie A per anni è stato il miglior campionato del mondo e sapete come fare le cose. È vero che l’industria calcio è migliorata tanto in tutto il mondo, però l’Italia ha la qualità migliore: la passione. La gente è innamorata del calcio e questa è la cosa più importante. Ora vedo che ci sono tanti investitori stranieri. È vero che Juventus, Milan e Inter hanno difficoltà economiche, ma credo che in Italia ci sia un potenziale incredibile, e penso che le cose possano migliorare rapidamente: chi investe in Italia oggi prende i club a un prezzo eccezionale e il loro valore crescerà tantissimo”.
Gli hanno fatto notare, che il documentario riguarda solo gli anni che vanno dal 1998 al 2002 e, al suo interno quindi, non si parla del campionato italiano 1997/98 e lui ha spiegato: “Perché l’idea era quella di fare da Mondiale a Mondiale, 1998-2002, con la nazionale e gli infortuni. Però quella storia dell’Inter dobbiamo raccontarla per bene, ci vuole un altro documentario. Ho visto la serie su Moratti e l’ho trovata spettacolare, ma è vero che ci sono ancora tante cose da dire“.