Inter, l’ex difensore Andrea Ranocchia ha ripercorso la sua carriera vissuta principalmente con i colori del cielo e della notte
L’ex difensore del Monza Andrea Ranocchia, si è concesso al giornalista giapponese Yuge Takashi per Number.bunshun, per parlare della sua carriera appena terminata.
In questa lunga intervista, l’ormai ex calciatore ha esordito così: “Durante la riabilitazione per l’infortunio mi sono chiesto: ‘Sei felice della tua carriera?‘. La risposta è stata sì. ‘C’è qualcosa di di cui ti penti?’. Me lo sono chiesto, ma non è successo niente, e ho capito che era tempo di smettere“.
Il suo arrivo all’Inter con la speranza di vincere. “Esatto, lo ammetto. Sinceramente non pensavo fosse difficile vincere lo scudetto. Del resto l’Inter a quel tempo aveva capitan Zanetti, Materazzi, Eto’o, Sneijder, Cambiasso, Lucio, Chivu, Stankovic, Thiago Motta… Era un gruppo stellare, reduce dal Triplete, era la migliore squadra del mondo avendo appena vinto il Mondiale per Club. Tuttavia, anche se siamo riusciti a vincere la Coppa Italia, nell’anno in cui sono arrivato i senatori stavano invecchiando e poi sarebbero andati via nelle stagioni successive. Il periodo difficile è iniziato lì, con l’Inter che ha perso competitività non riuscendo più a lottare per il titolo”.
La fascia di capitano ereditata da capitan Zanetti. “La pressione è stata tremenda. Nella lunga storia dell’Inter, ci sono davvero solo una manciata di persone che sono state chiamate ‘Capitano‘. L’orgoglio di essere uno di loro ha compensato la pressione. Ho deciso di essere un modello per le nuove generazioni. Tuttavia, quando sono diventato capitano, il club era a un punto di svolta importante e la squadra era sempre confusa. C’è stato un cambio di proprietà, la direzione da seguire non era chiara e gli allenatori e i giocatori sono stati sostituiti uno dopo l’altro. È stato davvero difficile tenere alto il morale. Mi ha fatto tanto male rinunciare alla fascia di capitano. È stato triste, ma mi sono detto: ‘Non si tratta della fascia fisica, si tratta di quello che dici alla squadra’. Ogni anno c’era sempre un giovane o un giocatore confuso che era appena arrivato in società e, nonostante la fascia fosse sparita, ero io che gli facevo capire com’era giocare nell’Inter e cosa poteva fare per migliorare. Ho pensato che fosse importante fare da tramite per tutti. Per quanto abbia faticato per tanto tempo, la gioia che ho provato quando ho vinto il campionato è stata davvero grande. Ogni anno, a fine stagione, ero devastato dalle parole ‘non ho vinto ancora’. È dura vincere all’Inter, ma se ci riesci vuol dire che il tuo nome resterà per sempre nella storia del calcio, e i tifosi dell‘Inter sono i più entusiasti e i più romantici di tutti. Credo ci sia voluta molta pazienza, ma è stato bello vincere anche per loro”.
Le sue parole su Conte. “Ciò che rende unico il metodo di allenamento di Conte è l’uso massiccio dei video. I giocatori devono guardare una serie di video appositamente montati per un’ora ogni giorno. Ti martella sugli errori e sui punti da migliorare. L’istruzione tramite video è stata molto utile sia per la squadra nel suo complesso che per me personalmente, in modo da poter capire oggettivamente cosa avessi sbagliato.. Avrei dovuto marcare l’avversario a un metro di distanza, per esempio”.
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