Quasi duecento milioni di euro: questo passa da Conte a Inzaghi. Si tratta ovviamente di differenza di spesa. Ecco perché il tecnico piacentino ritiene ingenerose le critiche alla sua gestione
Trascorso più di un anno e mezzo dall’addio di Conte, c’è chi ancora non è riuscito a farsene una ragione. Inzaghi non ci sta e rivendica i propri risultati. Con me, dice il nuovo tecnico interista, la squadra ha vinto tre trofei in quindici mesi, è ai quarti in Champions e in semifinale in Coppa Italia.
Con una rosa non certo rinforzata, Inzaghi crede di aver fatto il massimo, nonostante le cadute in campionato contro squadre più che abbordabili e la serie preoccupante di sconfitte. Sono già otto le disfatte in campionato e tanti, diciamo pure troppi, i goal incassati fuori casa. Ciononostante Simone Inzaghi resta secondo in classifica, davanti alla Lazio di Sarri, alla Roma Mourinho e al Milan Pioli.
Conte ha vinto lo scudetto con l’Inter, ma per arrivare a quel traguardo ha preteso dalla società un forte investimento. I milioni spesi in più da Conte rispetto a Inzaghi sono quasi duecento. E, nonostante questo, il salentino non è riuscito ad andare oltre la fasi a gironi in Champions. Inzaghi, quest’anno, ha già fatto meglio, arrivando fra le prime otto d’Europa. Non basta, però. E non basta nemmeno l’aver già conquistato un titolo (la Supercoppa vinta contro il Milan) e l’essere in corsa per la Coppa Italia. L’obiettivo vitale per l’Inter resta la qualificazione alla prossima Champions. In caso di quinto posto in classifica, Inzaghi dovrebbe andarsene.
La vera differenza tra Antonio Conte e Simone Inzaghi: duecento milioni
Il paragone fra Conte e Inzaghi a livello tecnico e caratteriale è fine a sé stesso. Per capire perché l’Inter non è riuscita quest’anno a lottare per lo scudetto si deve prendere in considerazione l’exploit del Napoli. Ma contano anche la situazione societaria del club: un’evidente crisi che si esplica nel rendiconto degli investimenti assai più ridotti rispetto al recente passato. L’Inter ha venduto di più nel periodo Inzaghi che in quello Conte, si è impoverita tecnicamente. Le cessioni non sono state avallate per fare uno sgarbo all’allenatore piacentino, ovviamente. La batosta è arrivata con la pandemia 2020 e con la conseguente crisi della società Suning.
Inzaghi è partito senza i pezzi da 90. Senza Lukaku e Hakimi, eroi dello scudetto di Conte, e senza Eriksen. Per Conte, il club nerazzurro aveva speso quasi trecento milioni. Il salentino aveva preteso Lukaku, Hakimi, Barella, Eriksen, Sensi, Lazaro e Sanchez… Per Inzaghi, invece, Zhang ha speso circa circa milioni: duecento in meno. E quelli arrivati sborsando tanto non hanno fatto una bella figura. Gli investimenti più costosi dell’era Inzaghi sono Correa (pagato quasi 33 milioni), Gosens (quasi 27), Dumfries (12) e Asllani (14). Poi si è speso per il prestito di Lukaku (8) e qualcosina per Dzeko. Gli altri, quelli finora più incisivi, sono arrivati a zero: Onana, Calhanoglu e Mkhitaryan, Acerbi in prestito.
Dunque è ingiusto criticare Inzaghi? I nerazzurri hanno passano il turno in Champions League, ma in tanti continuano a osteggiare l’allenatore e a parlare di una guida non all’altezza della situazione. La stessa partita contro il Porto non ha aiutato Simone Inzaghi a riabilitarsi del tutto. I giornali, quasi all’unanimità, hanno parlato di un atteggiamento arrendevole, non da Inter.
I problemi di Inzaghi: la squadra non lo segue?
La squadra guidata da Simone Inzaghi sembra aver perso la bussola già da un paio di mesi, almeno. Contro il Porto ha giocato la peggior partita in Europa di quest’anno. Anche i più in forma (Lautaro, Calhanoglu) non sono sembrati brillanti e concentrati come al solito. Un po’ tutti hanno rivelato scarso carattere. C’è chi sostiene che lo staff tecnico non sia all’altezza o che i calciatori siano poco motivati dal coach.
L’Inter è forse impaurita? Oppure è bloccata dal risentimento e dall’insicurezza? Pesano sulla squadra i risultati altalenanti, l’ultima sconfitta subita in campionato contro lo Spezia e soprattutto tutte le voci che vogliono un Inzaghi via dalla panchina d’estate.
C’è chi dice che lo spogliatoio si stia autogestendo già da dopo il Mondiale, con Inzaghi ormai incapace di controllare i malumori. Ci sono quelli depressi perché non giocano mai (de Vrij, Handanovic, Gosens, Asllani e Bellanova), quelli con la testa altrove (Skriniar, Dumfries e Gagliardini), quelli stanchi (Dzeko, Mkhitaryan, Bastoni) e quelli scontenti o nervosi (Lukaku, Barella, Brozovic). Gestire tante prime donne è complicato. Soprattutto quando ognuno gioca per sé. Questo è il vero problema di Inzaghi: ha mollato le redini e non riesce più a recuperarle.