Il patron dell’Inter, Steven Zhang, sempre più motivato a non cedere le quote societarie a terzi con l’unica volontà di rifinanziare il grosso debito maturato verso Oaktree
Prima Investcorp, poi una brevissima parentesi Andrea Radrizzani e infine il magnate Thomas Zilliacus. L’Inter ha avuto nel corso degli ultimi mesi diversi potenziali investitori alla porta, ciascuno portatore dei propri ideali e dei propri capitali per rilanciare – in prima persona, come subordinato o socio di minoranza – il club nerazzurro ancora frastornato dall’accumulo dei debiti passati. Specie quello maturato nei confronti del fondo statunitense Oaktree, di recente salito fino a 330 milioni di euro per via di tassi d’interesse particolarmente elevati.
La soluzione ideale per la presidenza in mano a Steven Zhang sarebbe (o sarebbe stato nel caso di Radrizzani, ora patron della Sampdoria) quella di chiamare dentro uno di quegli investitori e concedergli le redini della società a fronte del pagamento di circa un miliardo di euro, sulla base delle valutazioni passate. Eppure il patron nerazzurro non ha ancora alcuna intenzione di compiere questo passo. Complice l’attaccamento viscerale agli affari societari e ad una buona dose d’affetto cresciuta negli ultimi anni.
Piuttosto, Zhang ha voglia di sistemare la questione economico-finanziaria del club a modo suo. Contando su una cerchia di fidati consulenti esperti del settore nel tentativo di rifinanziare il debito per Oaktree e spalmarlo in una fascia temporale che vada oltre il termine ultimo del 2024, tempo in cui l’Inter potrebbe realmente correre il rischio di passare direttamente nelle mani del fondo americano come ‘pegno’ dell’accordo sottoscritto.
Debito alle stelle e il pericolo del rifinanziamento, Zhang insiste sull’Inter
Rifinanziare un debito però non comporta grandi vantaggi. Quantomeno non nel lungo termine. Perché se da un lato l’obiettivo è quello di prendere tempo, dall’altro i costi aumentano. Non di poco.
Il grosso rischio cui Zhang e di riflesso anche l’Inter potrebbero incappare è legato infatti alla mole del debito in accrescimento negli anni a seguire. Una cifra che potrebbe diventare sempre più insormontabile (sui 400 milioni e passa…) sino a quando, per forza di cose, bisognerà chiamare qualcuno in causa per formulare l’offerta congrua e ripagare quanto di cattivo fatto nella precedente gestione. A quel punto gli sforzi del rampollo di Suning sarebbero stati del tutto vani. Intanto prosegue la ricerca anche di un altro credit found, spiega ‘Il Sole 24 Ore’, per esaminare la faccenda.