Lautaro si avvicina sempre di più alla valutazione di Osimhen: con lo straordinario inizio di stagione, il Toro diventa attaccante da record
Lautaro Martinez con l’Inter ha segnato una rete ogni 75 minuti. Ciò significa che, finora, ha fatto meglio di Mbappé, Haaland e Kane. La crescita dell’argentino in termini di personalità e funzionalità in campo è evidente. Il Toro si è sempre segnalato come un calciatore generoso, disposto al sacrificio, tatticamente prezioso e capace di grandi giocate, ma ha anche rivelato di saper essere poco letale in aria e spesso incostante. Le cose sembrano essere cambiate.
Lautaro è ora a quota 12 goal in 11 partite. Le reti arrivano con una media quasi impressionante che non riesce a trovare paragoni in Europa: sta andando più forte di Mbappé (a quota 9 goal: uno ogni 88′) e di Haaland (9 goal: uno ogni 109′). Meglio dell’argentino sta facendo solo Sehrou Guirassy dello Stoccarda, a quota 15 goal in 9 partite (14 in Bundesliga e uno in coppa).
Con il colpo di testa con cui ha segnato il secondo goal al Torino, Lautaro Martinez si è portato al quarto posto nella classifica della Scarpa d’Oro, salendo a 22 punti. Sul podio ci sono il già citato Serhou Guirassy (terzo a 28 punti), Akor Adams (secondo con 32,5) e Amahl Pellegrino, leader con 33 punti (22 reti realizzate in 24 presenze).
Numeri del genere pongono in risalto Lautaro anche sul mercato: ora il Toro ha una valutazione molto vicina a quella di Osimhen, cioè sui 150 milioni. La differenza, per ora, fra i due bomber della Serie A la fa soprattutto l’umore: l’argentino è in costante crescita e pienamente coinvolto nel progetto Inter, come vero e proprio leader, mentre Victor Osimhen sembra in crisi con l’ambiente e dal punto di vista del gioco.
Lautaro: la sua valutazione si avvicina a quella di Osimhen
Segnava meno quando giocava come riserva di Mauro Icardi e quando poi ha cominciato a essere usato da Conte come spalla di Lukaku. Con l’arrivo di Inzaghi, l’argentino ha cambiato passo. Non a caso, due anni fa è arrivato a quota 25 timbri. E l’anno scorso è migliorato ulteriormente, arrivando a 28 reti. E ora, che non siamo giunti nemmeno a fine ottobre, è già a 12.
La prolificità del Toro rende evidente il salto di qualità in termini di personalità e sicurezza. Dopo il Mondiale vinto con l’Argentina e, soprattutto, dopo essere diventato capitano dell’Inter, il Toro ha cominciato a essere maggiormente determinante. Prima lo si criticava per l’incapacità di segnare goal “facili” o “sporchi”. Quest’anno sta dimostrando di essere cresciuto in termini di opportunismo e concentrazione.
I numeri dicono che Lautaro, in questa stagione, va molto più forte di Osimhen. Il Toro ha messo in rete un pallone in campionato ogni 65,36′ (11 goal in 718′). Victor Osimhen, in 622′ giocati ha segnato 6 reti (una ogni 103,67′). In Italia, sta viaggiando più veloce del nigeriano anche Nico Gonzales della Fiorentina (5 goal in 452′: uno ogni 90,4′). E in tutta Europa, meglio di Lautaro, invece, c’è solo Guirassy, con 14 reti in 642′ (uno ogni 45,86′).
L’evoluzione del Toro: meno istinto e più lucidità
Il Toro ha cambiato più volte stile di gioco da quand’è all’Inter. Con Spalletti, giocava principalmente come seconda punta, oppure cercava di imitare Icardi come centravanti puro, quando era chiamato a sostituire l’ex Sampdoria. Con Lukaku accanto, ha invece badato soprattutto a garantire spazi e collegare attacco e centrocampo.
In quegli anni, ha imparato a farsi trovare più spesso dai compagni e a provare più volte la conclusione, dimostrando tuttavia di non eccellere sul piano delle scelte. Spendendosi troppo in corse e nel gioco caratterizzato da un’evidente intensità, l’attaccante argentino pareva spesso perdersi in un bicchier d’acqua, dopo aver magari scartato due uomini o superato con un movimento intelligente tutta la retroguardia.
Con Edin Dzeko, dopo l’arrivo di Inzaghi in panchina, il Toro ha cominciato a muoversi con più efficacia, avvicinandosi alla porta e imparando a gestire le forze. Ora, con Thuram, sembra che il capitano abbia trovato il necessario equilibrio: non ha perso la componente istintuale ma è migliorato in termini di lucidità. Cerca paradossalmente di meno la porta, ma sa farlo da ogni posizione e con maggiore precisione. Nei momenti in cui bisogna conquistare il pallone o dare una mano al centrocampo è sempre capace di giocare come un trequartista.
Sembra più calmo e maturo. Più consapevole. Pur continuando a essere un giocatore passionale, non è più dominato dall’emotività: è sempre più coinvolto nel gioco, come leader tecnico e spirituale. E questa responsabilità gli fa bene.