Il centrocampista dell’Inter, protagonista di un grande avvio, si è raccontato a tutto tondo ripercorrendo alcune orme della propria carriera
E’ Davide Frattesi una delle certezze della squadra di Simone Inzaghi in quest’inizio di stagione.
Già 1 gol e 3 assist, l’ultimo di questi giunto in Champions League contro il Salisburgo, da segnalare in favore dell’ex Sassuolo: approdato a Milano con grandi ambizioni. Pur avendo raccolto due soli gettoni da titolare con l’Inter, infatti, il classe ’99 non è mai stato da meno rispondendo sempre e comunque presente. Sì, anche da subentrato.
Lo certificano, in particolar modo, le prestazioni offerte contro Milan e Real Sociedad: momenti in cui, anche a gara in corso, la forte mezz’ala ‘made in Italy’ è tornata molto utile al tecnico piacentino e al resto del suo staff tecnico.
Evidenti i margini di miglioramento a cui Davide Frattesi sta facendo fronte in quest’ultimo periodo di tempo: un Frattesi che, come giusto che sia d’altronde, non vuole affatto porsi alcun limite e che è soltanto disposto a migliorare ulteriormente; Proprio come ammesso dal diretto interessato stesso.
Davide Frattesi, protagonista della nuova puntata di ‘New Brothers‘ andata in onda su ‘DAZN’, ha parlato a proposito degli inizi della sua carriera soffermandosi poi anche sul presente:
“Avevo 4 anni e mezzo nel momento in cui ho toccato, per la prima volta, un pallone da calcio. E’ stata mia mamma a portarmi a giocare, diceva che ero fin troppo scalmanato. Alla fine è diventata la mia passione” – racconta.
“Ho interpretato tanti ruoli sino a questo momento della mia carriera. Ho iniziato da portiere e poi, andando avanti, ho fatto l’attaccante. Fu, il mio ormai ex allenatore, Franceschini a cambiarmi di ruolo mettendomi mezzala. Pur non essendo inizialmente d’accordo ora gli sono debitore”.
Prosegue poi: “Ricordo ancora la mia prima partita da professionista. E’ stato in Coppa Italia e trovai Bastoni dall’altra parte quando ancora dell’Atalanta. Cosa avrei fatto se non fossi diventato un calciatore? Probabilmente il tennista, ma anche diventare avvocato non mi sarebbe dispiaciuto”.
“Uno dei momenti più difficili che ho attraversato è stato quando sono finito al Sassuolo avendo finito, poco prima, il settore giovanile. Arrivai lì, facevo soltanto panchina e mi ruppi anche il quinto metatarso. Fu un anno molto particolare” – spiega.
“Quanto è importante lo spogliatoio nel mondo del calcio? Moltissimo, è da li che incomincia tutto. Più un gruppo è forte, più possibilità ci sono che il collettivo raggiunga traguardi sempre più importanti”.
Conclude infine: “Per caratteristiche mi definisco un: faticatore, incursore e la terza riguarda un aspetto in cui devo ancora migliorare. Nella gestione della palla, è lì che a volte sbaglio”.
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