Il contratto di Inzaghi è in scadenza nel 2025: si parla di rinnovo ma l’allenatore dell’Inter non è ancora sicuro che il suo ciclo proseguirà
Simone Inzaghi ha già dato tanto all’Inter: trofei, gioco, una certa invidiabile serenità (traducibile in rapporti distesi con i giocatori, rispetto da parte del pubblico e della stampa e fiducia espressa da proprietà e dirigenza) e guadagni, sotto forma di entrate sportive e valorizzazione della rosa.
Lo scenario più probabile è che presto l’allenatore rinnovi con il club: Inzaghi potrebbe quindi prolungare il suo contratto, che attualmente ha una scadenza fissata a giugno 2025, fino al 2027, con conseguente adeguamento d’ingaggio che lo porterebbe a percepire intorno ai 6 milioni a stagione.
Zhang ha sempre detto di aver trovato in Inzaghi l’allenatore ideale: un referente che non alza la voce per richiedere sforzi sul mercato, ma che al contrario porta risultati e vantaggi economici. Più volte lo ha definito un “dono”. Quanti giocatori hanno già aumentato il loro valore sotto la gestione inzaghiana?
Lautaro vale quasi il doppio rispetto ai tempi di Conte. Sono cresciuti come asset anche Bastoni, Barella e Dimarco. E lo stesso vale per Carlos Augusto, Bisseck e Frattesi. Lo stadio, al di là dei risultati, è sempre pieno. E anche questo si deve al gioco che l’allenatore ha saputo dare alla squadra… Tutti questi elementi lasciano presagire che non si abbia alcuna intenzione di rompere il legame con l’ex Lazio.
C’è da dire che l’Inter non è mai stata una società da lunghi cicli. L’eccezione è Helenio Herrera (che è anche l’allenatore più vincente nella storia nerazzurra), ovvero colui che ha guidato la squadra per nove stagioni, di cui otto consecutive dal 1960 al 1968, vincendo sette titoli, comprese due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. L’altro allenatore resistito a lungo è Mancini (all’Inter per quattro stagioni, con tre scudetti, più una quinta a qualche anno di distanza).
Inzaghi seguirà l’esempio di Herrera o si fermerà come Mancini al quarto anno? Dopo il Mondiale 2025 non è così impossibile che per Simone Inzaghi possa chiudersi il ciclo: lo stesso allenatore piacentino potrebbe voler provare un’esperienza all’estero, magari in Premier.
Chi può essere dunque l’erede designato di Inzaghi? Per storia, il primo nome che viene in mente è quello di Thiago Motta, un allenatore che ha conquistato in tempi non sospetti l’apprezzamento di Ausilio (quando Inzaghi era in discussione, un anno fa, l’italo-brasiliano era considerato da molti il più probabile nuovo allenatore dell’Inter).
Con Motta destinato alla Juve, bisogna tuttavia considerare altri nomi. De Zerbi, un altro allenatore che piace alla dirigenza, comporterebbe una rivoluzione tecnica che non appare al momento sostenibile. Mourinho e Simeone, per ragioni diverse, appaiono invece fuori tempo massimo, nonostante il loro legame con l’ambiente.
Un nome che l’Inter potrebbe seguire e tenere in considerazione per futuro è quello di Raffaele Palladino. Un coach simile a Inzaghi per più ragioni: non tanto a livello tattico quanto dal punto di vista umano e professionale.
Sia Inzaghi che Palladino consacrano poi il loro gioco a un calcio propositivo e partono da una difesa a tre. Su tutto, sono entrambi uomini poco pretenziosi e disposti a scendere a patti con il contesto. Sono due aziendalisti, nell’accezione più positiva del termine.
Al Monza, Palladino ha già dimostrato personalità e stile. Sembra uno insomma col phisique du role per allenare una big come l’Inter. Bravo anche come psicologo e coraggioso nel lanciare i giovani. A Beppe Marotta potrebbe piacere parecchio.
Per il progetto, il modulo del 3-4-1-2 che Palladino predilige, caratterizzato da grande attenzione al possesso palla e a un calcio prevalentemente offensivo, potrebbe essere un approdo ideale per la rosa nerazzurra.
Il suo profilo è da più di un annetto appetibile per altre società, ma il tecnico ha finora dimostrando la sua volontà di continuare a guidare il Monza, e anche questa lealtà ha un suo valore.
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