Conclusi gli interrogatori dei diciannove arrestati per la maxi inchiesta sulle azioni criminali delle curve di Inter e Milan, un’ammissione conferma i sospetti dei PM
A giorni di distanza dalle prime luci sulla vicenda che ha coinvolto i massimi esponenti della Curva Nord dell’Inter oltre ad una rappresentanza di quella rivale rossonera, i dati analizzati dagli inquirenti hanno sollevato alcune criticità nel sistema organizzativo e strutturale del club.
Quest’ultimo, si evince dagli ultimi report dei pm, avrebbe – nelle persone del presidente dell’organismo di vigilanza e garanzia nonché del senior security manager – agevolato “in mala fede” la messa in atto di una serie innumerevole di azioni illecite da parte di una vera organizzazione criminale a stampo mafioso, legate ai fenomeni di rivendita di biglietti, gestione dei parcheggi e del merchandising del club.
Il tutto annebbiato altresì dalle fallaci valutazioni della commissione antimafia del Comune di Milano, alla quale era stato affidato il compito diversi mesi fa di valutare in sede d’ascolto le deposizioni degli esponenti del club sulla veridicità di alcune presunte informazioni che facevano capo, per l’appunto, ai fenomeni criminali.
Diciannove i sospettati arrestati, fra cui tre capi ultras nerazzurri ed altre figure collaterali fra cui anche Cristian Ferrario, etichettato come “prestanome del leader ultrà nerazzurro Andrea Beretta e di Antonio Bellocco“, unico nella giornata di venerdì ad aver fornito agli inquirenti capeggiati dal Gip, Domenico Santoro, delle informazioni verbali utili al perseguimento degli obiettivi dell’inchiesta.
Stando a quanto riportato da ‘ANSA’, il sospettato Ferrario avrebbe “ammesso gli addebiti che riguardano una presunta intestazione fittizia con l’aggravante di agevolazione mafiosa“. Senza oltretutto negare le accuse sulla sussistenza dei fatti accertati finora nelle indagini. I restanti cinque intervistati – fra cui figuravano Gianfranco Ferdico, padre di Marco, Renato Bosetti e Giuseppe Caminiti – si sono invece avvalsi della facoltà di non rispondere alle domande degli inquirenti, dando seguito a quanto fatto ieri dai predecessori. In sede a Palazzo di Giustizia era presente anche il pm Paolo Storari, al quale dovrebbe essere affiancata una squadra di scorta come misura di sicurezza preventiva in base alle disposizioni di materia antimafia.
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