Rottura del crociato e club ‘gelato’: l’annuncio che rivela tutto

Per un calciatore, la rottura del crociato è un brutto guaio, e può esserlo ancora di più se il suo club gestisce male la situazione

Gli appassionati di calcio, anche se poco avvezzi all’osteologia, sanno che la rottura del legamento crociato va inteso come un infortunio molto serio per qualsiasi calciatore. Un danno che può anche mettere fine alla sua carriera. Tale spiacevole conseguenza non è poi così rara: se il trauma non viene trattato correttamente o se il recupero non va come previsto, il ginocchio non risponderà più come prima.

Come Inzaghi gestirà il recupero
Simone Inzaghi (Ansa) – interlive.it

L’LCA, cioè il legamento crociato anteriore, è una parte non solo delicata ma anche fondamentale per la stabilità del ginocchio. Di conseguenza, la sua rottura richiede non solo un lungo periodo di recupero (dai sei mesi a un anno), ma anche particolare attenzione nella gestione del ritorno al gioco effettivo, anche a livello psicologico.

Tantissimi calciatori sono tornati a giocare senza evidenti handicap dopo un simile infortunio, altri hanno sofferto del rischio di recidive e sono andati incontro a un calo nelle prestazioni. E, di solito, per i giocatori più bravi tecnicamente, il recupero è sempre più delicato. Ecco perché, i casi di Gleison Bremer e Valentin Carboni, entrambi colpiti da gravi infortuni al legamento crociato, non vengono percepiti allo stesso modo.

Ne ha parlato anche il professor Pier Paolo Mariani, chirurgo ortopedico attivo a Villa Stuart, nota struttura dove i calciatori della Serie A vengono operati dopo simili infortuni. Intervistato da La Gazzetta dello Sport, Mariani ha cercato di sottolineare il peso dell’aspetto psicologico all’interno del processo di recupero.

Mariani avvisa il club: “Dopo la rottura del crociato bisogna subito tornare in campo

Dopo l’operazione conseguente alla rottura del crociato, secondo il professore, molti club sembrano spaventati dalla possibilità di esporre il calciatore a dei pericoli. “Non bisogna avere paura“, ha dichiarato il dottor Mariani. “La vera differenza sta nel non far perdere al giocatore la sua performance sportiva. Il ritorno in campo deve essere rapido, molto veloce“.

Come Inzaghi gestisce il rischio infortuni
Inzaghi (Ansa) – interlive.it

Quindi, secondo l’esperto, più dura l’assenza dai campi, e più è difficile che il giocatore torni a giocare agli stessi livelli di prima. Il problema è spingere il giocatore a mordere il freno. “Questa tendenza anche psicologica di attesa provoca un danno al giocatore e anche alla società. Per un giocatore, e anche per il club, è fondamentale rimanere nella stessa performance sportiva precedente“.

E l’Inter come si comporterà con Carboni, qualora il ragazzo dovesse tornare già a gennaio alla base? Inzaghi lo metterà alla prova concedendogli dei minuti o lo preserverà, lasciandolo in tribuna?

Carboni: l’Inter si prepara a gestire il recupero

Il dottore ha comparato due casi, chiamando in causa i due Chiesa. Lorenzo, classe 2004, tornato in campo dopo cinque mesi dall’operazione. E poi il fratello maggiore Federico, rientrato davvero solo dopo dieci mesi. Secondo il professore, Lorenzo, fratello minore di Federico, è rientrato senza mostrare deficit di prestazione. Mentre per Federico ci sono stati molti problemi.

Pericolo nel recupero di Carboni
Carboni (Ansa) – interlive.it

La maglia di un calciatore professionista significa essere arrivati a una certa performance. E il calciatore ci mette anni per farlo“, ha continuato l’intervistato. “E quando hai un infortunio poi fa più fatica a tornare quello che era prima. L’obiettivo è fare una chirurgia impostata per un ritorno rapido in campo“.

Intanto il dottor Volpi ha cercato di spiegare come l’Inter gestirà la situazione relativa all’infortunio di Carboni. Parlando con Radio Anch’io Lo Sport, il medico sociale nerazzurro ha voluto anche esprimere il proprio pensiero sulla diffusione crescente di infortuni nel calcio. Per Volpi, il problema non è giocare troppo, ma non allenarsi abbastanza. Inoltre sembra che a infortunarsi siano i giocatori che giocano di più e quelli che giocano troppo poco. I due estremi quindi. E Carboni potrebbe essere finito nella prima casistica: quella dei calciatori poco impiegati.

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