Se Inzaghi non riesce, rischia grosso: fallendo in ciò che tutti si aspettano da lui, l’allenatore nerazzurro potrebbe essere fatto fuori
Simone Inzaghi è all’Inter da poco più di quaranta mesi e ha guidato l’Inter per 172 partite in tutto. Nella sua prima stagione a Milano ha deluso: da lui ci si aspettava lo Scudetto che è poi amaramente finito al Milan. L’anno dopo l’allenatore è stato più volte attaccato per il suo cammino balbettante in campionato, ma è riuscito però ad arrivare in finale di Champions. Nella scorsa stagione, invece, ha vinto il campionato, donando all’Inter la seconda stella.
172 partite, dicevamo. Di queste ne ha perse 27 e pareggiate 32. Quindi ne ha vinte 113. Il 65,7% delle volte la sua Inter ha dunque vinto. E non è un risultato da poco per un allenatore. Eppure, il mister piacentino continua a essere criticato. Ha senso?
Sì, con Inzaghi, l’Inter ha ottenuto numeri importantissimi: una percentuale di vittorie altissima, così com’è alta anche la media punti e dei goal fatti (i nerazzurri viaggiano su 1,99 reti a gara). Ma è pur vero che in tre stagioni Inzaghi ha vinto il campionato una sola volta. A dimostrazione che le percentuali dei goal e delle vittorie non contano più di tanto se poi lo Scudetto va al Napoli o al Milan.
“Se Inzaghi non vince lo scudetto, è fuori“, ha sentenziato il solito Antonio Cassano, durante Viva El Futbol. L’obiettivo dell’Inter è lo Scudetto, anche se le altre squadre hanno speso tanto e si sono rinforzate. E per ora Inzaghi è ancora in gioco, con lo scontro diretto col Napoli alle porte e la possibilità di arrivare al sorpasso.
Inzaghi in bilico: “Se non vince è fuori“
“Vi chiedo: perché anche lui si è vantato dicendo che è arrivato in finale di Champions e aveva la squadra meno forte di oggi e ora sta facendo il gioco contrario dando priorità al campionato?“, si è interrogato Cassano a proposito degli obiettivi di Inzaghi e dell’Inter. Tradotto: Inzaghi starebbe snobbando la Champions sapendo che quest’anno sarà complicato per la sua squadra rendere in Serie A e onorare al contempo l’impegno europeo.
“Quest’anno ha la squadra ancora più forte. C’è grande pressione su di lui perché se non vince il campionato è fuori“, ha continuato l’ex calciatore barese. Dopodiché l’ex Roma, Milan e Inter ha aggiunto: “Lui ha paura di Conte in campionato: sa che lui è sempre lì dietro. Lui ha paura, perché Conte con una partita a settimana te lo ritrovi fino a marzo“.
E Cassano, pur usando un eloquio poco limpido e un atteggiamento scarsamente distaccato, non dice qualcosa di così sbagliato. Se a fine anno, l’Inter non dovesse vincere lo Scudetto, Inzaghi avrebbe fallito in campionato tre volte su quattro. E molto probabilmente, a fronte di un simile risultato, meriterebbe l’esonero. C’è anche chi pensa che Inzaghi a Milano sia ormai, nel bene o nel male, a fine ciclo: più di questo non potrebbe dare alla squadra e all’ambiente. Per cambiare le cose dovrebbe dunque fare qualcosa di eccezionale. Non solo vincere il campionato ma fare anche bene in Champions, in Coppa Italia, in Supercoppa italiana e nel Mondiale per Club.
Un allenatore da non sottovalutare
Non bisogna essere settari. Va riconosciuto a Inzaghi che, sotto la sua guida, l’Inter è riuscita a esprimere un calcio bello da vedere. E non succedeva da tanti anni a Milano. I nerazzurri ormai giocano senza un modello prestabilito, pur avendo come impostazione base il famoso 3-5-2. I giocatori riescono a interpretare bene dei principi che puntano alla mobilità, agli scambi e alla libera occupazione degli spazi disponibili.
Inzaghi è un bravo allenatore, c’è poco da dire. Ma ha delle caratteristiche peculiari che possono essere interpretate come limiti. Per esempio sulla gestione delle forze, sui cambi… E al quarto anno all’Inter si comporta esattamente come il primo. Non c’è stata quindi evoluzione. Solo nella recente Inter-Venezia, Inzaghi ha per esempio stupito il pubblico tenendo Pavard in campo nonostante l’ammonizione.
Nelle situazioni critiche, quando bisognerebbe risolvere la partita con l’impeto o con il colpo di genio, l’ex Lazio sembra ancora impacciato o talvolta insicuro. Può fare di più, perché ne ha la forza e la personalità. Ma deve farlo presto.